Autore:  Don L. Cortesi - Vari Data documento:  31/05/1944
Titolo:  Osservazioni di don L. Cortesi sui fatti del 31/05/1944

 OSSERVAZIONI DI DON LUIGI CORTESI RIFERITE ALL'ULTIMO GIORNO DELLE "APPARIZIONI" AD ADELAIDE (31/05/1944)

Per poter fare un confronto con le relazioni dei vari medici già incluse nel sito, riportiamo le annotazioni essenziali di don Luigi Cortesi che accompagnò la piccola Adelaide a Ghiaie di Bonate, il 31 maggio 1944, sul luogo delle "presunte" apparizioni. Come si noterà, già a quell'epoca, don Luigi Cortesi metteva in dubbio la veridicità delle Apparizioni. Il 31 maggio 1944, comunicò, infatti, alcuni dati "all'esimio alienista Zilocchi", concludendo che QUEGLI ELEMENTI, IN MANO AD UNO PSICHIATRA NON POTEVANO "CHE INCANALARE LA RICERCA VERSO UNA SOLUZIONE NEGATIVA". Confessò che non ebbe però l'onesta di "esporre anche gli aspetti positivi della questione, capaci di bilanciare e di sanare quegli elementi negativi" e ne ebbe poi "un acuto rimorso". Un'attenta lettura della relazione, evidenzierà ancora altri punti sulle perplessità del Cortesi. Nell'ultima parte della relazione, per esempio, don Luigi Cortesi confiderà alla Superiora: "Sì, la Madonna stasera ci ha fatto disperare e le tengo il broncio. Ma alla fine è venuta; molto tardi, ma è venuta. SE PURE È VENUTA, S'INTENDE."

In questa relazione, don Luigi Cortesi rivelerà anche un altro fatto sconcertante: le due telefonate del Vescovo mons. Bernareggi, a lui stesso e alla Direttrice, perché si chieda insistentemente alla Madonna, tramite Adelaide, di non comparire mai più alla piccina.

Si legga anche con attenzione il commento di don Luigi Cortesi riferito al gelato che offrì nel pomeriggio alla bambina. All'inizio, la gente e i medici deprecarono il misfatto: "Senza testa! -, esclamò un dottore, felice di aver scoperta l'etiologia del malessere. Si prova che il gelato fa male perché si trova che ha fatto male." Poi saputo che l'autore del "misfatto" era don Luigi Cortesi, la situazione venne capovolta: "La mia confessione fa svanire tutti i rimbrotti" continua don Cortesi. "Si trovò perfino che il gelato fa bene, che alla piccina provocò quel malanno solo per accidens, perché la digestione, per varie cause, era in ritardo... Eh, il mondo!" conclude don Cortesi. Per compiacere il sacerdote, il gelato da "dannoso" diventò subito "benefico", salutare...! Quest'episodio, come altri, dimostra quanto fu grande l'influenza di don Luigi Cortesi sui protagonisti dei Fatti di Ghiaie. Temuto, riverito, fu capace di capovolgere tante situazioni a suo vantaggio, non sempre per dimostrare la verità ma per il gusto di aver ragione ad ogni costo. Comunque, l'episodio del gelato e del malore di Adelaide lasciano aperti molti interrogativi poiché, è documentato, che in quei giorni vi furono pressioni, da più direzioni, perché si mettesse fine a quelle apparizioni. Per don Luigi Cortesi, l'apparire della Madonna ad Adelaide Roncalli fu un delitto, uno degli episodi "più luttuosi che la storia umana registri" ("Il problema delle apparizioni di Ghiaie", pag. 230).

Inquietante è anche il fatto della recita del Rosario da parte del prof. Cazzamalli, fondatore della Società di Metapsichica, che diventerà amico di don Luigi Cortesi. Recitando il Rosario a Ghiaie, Cazzamalli voleva dimostrare che era un "cattolico praticante e dichiarato" al fine di acquistare più credibilità presso gli ambienti ecclesiastici di Bergamo i quali avrebbero, in seguito, potuto avvalorare con più facilità le sue teorie. Non si deve dimenticare, a questo punto, che il prof. Cazzamalli era un espertissimo occultista e l'occultismo era condannato dalla Chiesa.

A Ghiaie però, non recitò il Rosario per devozione ma, come lui stesso lascia intendere nel suo libro "La Madonna di Bonate", per riportare la situazione d'attesa prima della visione perché era l'unica occasione che aveva (era l'ultimo giorno delle Apparizione) per studiare il fenomeno e la bambina. Dato che la situazione era sfuggita di mano, conveniva riportare ordine e calma perché Adelaide riprendesse posizione, si concentrasse e si preparasse all'incontro con la "presunta apparizione". La dott.ssa Maggi aveva rilevato dei segni premonitori dell'entrata in estasi di Adelaide: "pallore del viso", "abbondante sudorazione" e sbadigli per "quattro volte con intervallo vario dai due ai quattro minuti l'uno dall'altro." Purtroppo, quel giorno, Adelaide si sentì male. All'inizio, Cortesi e Cazzamalli tentarono più volte di allontanare la bambina dal luogo delle Apparizioni, cosa che sarebbe stata molto gradita a coloro che volevano stroncare e ridicolizzare le apparizioni, poi però Cazzamalli preferì tentare di normalizzare la situazione e ricreare quell'atmofera adatta per studiare la bambina. Vi riuscì con la recita del Rosario, perché, alla seconda decina, Adelaide cominciò a manifestare i sintomi caratteristici ed entrò finalmente in estasi.
L'occultista non pregò dunque per devozione, ma utilizzò il momento sacro della preghiera per interesse personale, per i suoi studi e per far affiorare il substratto demoniaco della bambina. Dimostrando che Adelaide non rientrava nel sacro, l'apparizione era falsa.

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RELAZIONE DI DON LUIGI CORTESI SUI FATTI DEL MERCOLEDI 31 MAGGIO

Per le 16 attendevo i medici. Era nostro progetto che tutte le specialità mediche, a consulto, esaminassero minutamente la fanciulla prima della visione, l'assistessero durante la visione e la riesaminassero dopo la visione. Non è colpa nostra se il progetto non fu eseguito che in minima parte. Arriva Zonca, conducendo seco la figlioletta Maria Pia...
... A vari intervalli, arrivano i dottori Zilocchi, Castoldi, Paganoni, Sala, Reggiani e infine la Dott. Merli e il Dott. Mazzoleni. Discutiamo. Penso che elementi nuovi e interessanti non emergeranno dall'esame organico e neurologico della piccina, patentemente sana, ma, semmai, dallo studio paziente della sua complessa e delicata psicologia. All'uopo comunico all'esimio alienista Zilocchi alcuni dati che meritano attenzione: la piccola assistette con passione alla rappresentazione scenica dei fatti di Fatima: desiderava veder la Madonna e la pregava, anche di notte, che le comparisse: bramava presentarsi sul palcoscenico: l'inizio delle visioni fu segnato da una crisi; noto gli altri dati preoccupanti che offrono l'anamnesi ambientale, familiare e individuale della bimba, la storia e il contenuto delle sue visioni, l'ambiente in cui si svolgono... TUTTI ELEMENTI CHE, VEDEVO BENE, IN MANO A UN PSICHIATRA NON POSSONO CHE INCANALARE LA RICERCA VERSO UNA SOLUZIONE NEGATIVA. IL BUON DOTTORE APPREZZÒ LA MIA ONESTÀ SCIENTIFICA. PER LA STESSA ONESTÀ AVREI DOVUTO ESPORRE ANCHE GLI ASPETTI POSITIVI DELLA QUESTIONE, CAPACI DI BILANCIARE E DI SANARE QUEGLI ELEMENTI NEGATIVI, IL CHE ALLORA NON FECI. OND'È CHE MI CROGIOLAI IN UN ACUTO RIMORSO, peraltro, ero convinto che la soluzione del problema delle Ghiaie non si poteva attendere dall'esame della piccola, ma solo dall'accertamento delle guarigioni cosiddette miracolose, sulle quali, dunque, doveva cadere il precipuo interesse della scienza. Quest'ultimo pensiero, ribadito dalle sagge osservazioni di Castoldi, ci trovò tutti d'accordo e fissò il programma dei futuri lavori della Commissione.
Passiamo in un salottino a pianterreno e ci vien portata la bimba. Con vivo senso di pudore nascondeva le braccine nude sotto i veli della Madre Direttrice. Guarda sbigottita. Che fanno tutti questi sconosciuti, in piedi, attorno a me?, deve pensare. I presenti comprendono. Rimaniamo in sala Ad., seduta sul divano, Zilocchi, seduto alla sua destra, la Direttrice ed io. Scrive Zilocchi: "Ebbi occasione di vedere, assieme a vari colleghi, la Ad. in un istituto di suore di Bergamo, ove ho proceduto a sommario esame somatico e neurologico... Somaticamente mi parve immune da anormalità. Così anche l'esame neurologico fu negativo. La Roncalli sembrava seccata dagli esami e parve incline al pianto. Né si prestava ad un interrogatorio... Non ho potuto approfondire lo studio psicologico; studio, si comprende, che non poteva essere che ben ponderato e guardingo e solo svolto dopo prolungata osservazione in ambiente adatto, lontano da azioni eterosuggestive". Ad. resisteva agli esperimenti, frignava, sgambettava, sgusciava via. Chissà quale mostro, quale strumento micidiale dovette vedere nel martelletto per la stimolazione del riflesso rotuleo! Non ci fu modo di spogliarle la calzina; irrigidì la gamba, lacrimava come una fontanella e gemeva:
- No, no, vogliono tagliarmi il piede -.
Zilocchi tenta, con alcune domande, di penetrare nella psicologia di Ad. Ma la bimba, ancora agitata dal pianto e dai singulti, non risponde. M'impegno a farla cantare. Con qualche astuzia, la libero dalla crisi di pianto e le faccio narrare - un'altra volta! e chissà per quante volte ancora! - le circostanze della prima apparizione. Zilocchi, lasciandoci, mi consiglia di indagare a fondo quelle circostanze.
Nessun altro medico può visitare la bambina, poiché il tempo destinato al consulto è scaduto. I medici, in due gruppi, partono in macchina per le Ghiaie. A Ponte S. Pietro saranno bloccati e dovranno proseguire a piedi.

Il vescovo è in ansie e mi fa chiamare al telefono: vuole aver notizie, vuole che la bambina preghi la madonna a non comparirle mai più. prendo sul serio quest'ordine e lo comunico alla piccola:
- stasera devi dire alla madonna che, per piacere, non venga più. lo chiede il vescovo, sai chi è il vescovo?, quello che... -
Ad. s'affretta ad avvertirmi che l'ordine è inutile:
- Sì, sì, te l'ho detto che questa è l'ultima sera -. E seguì la suora che sollecitamente doveva provvedere al suo abbigliamento.

Era arrivato il Commissario di P. S., il ricordato Dott. Michele Gallarano, in vestito civile. Preoccupatissimo mi fa chiamare d'urgenza:
- Stasera non si può andare... Ci sono laggiù più di 200.000 persone... Io non ho uomini sufficienti... Le strade da Ponte S. Pietro in giù sono bloccate... Sta arrivando un'autocolonna tedesca... Se scoprono quell'assembramento, gli apparecchi inglesi scendono a mitragliare...
Dio mio! Tutto è ancora in alto mare, dunque?
Ricominciamo. Mi appendo al telefono. Si conclude: potremo partire, ma girando le Ghiaie a ovest e raggiungendo il posto attraverso i campi da sud; il Commissario ci accompagnerà e sarà il nostro passaporto.
Il vescovo chiama al telefono la Direttrice: insiste perché Ad. preghi la Madonna a non comparirle più; vuole che, chiuso il ciclo delle apparizioni, Ad. venga trasferita, subito, domani stesso, nel convento di Gandino e che, passando da Alzano Lombardo, si faccia una sosta di dieci minuti in casa di una nobile e generosa signora: e raccomanda alla piccola una sua intenzione.
Finalmente si parte, colla solita macchina. Dietro, tra me e Verri, siede la fanciulla; davanti, a destra dell'autista, il Commissario....

... A pochi metri dal recinto, ci sentimmo immurati: la densità degli ultimi cerchi era assolutamente impenetrabile. Bisognò scavalcarli. Ad. fu alzata sopra le teste e consegnata - buttata, dovrei dire - a un signore che si trovava nel recinto. Un amico, dal recinto, mi offre la mano: scavalco un infermo e salto lo steccato. Ci trovammo dentro, tutti. Erano le 18,17...
Il Commissario si mette sul sasso, alza la piccola sulle sue forti spalle e la mostra alla folla. Ad. guarda tranquilla; suggerita, mette il ditino sulla bocca per invitare al silenzio, alla calma; mostra la corona del rosario per invitare alla preghiera. In verità, quel gesto non era il più adatto per ottenere ciò che significava. Ad. nella folla è una scintilla nella dinamite. Fu salutata da una formidabile e vasta esplosione. Poi, si mette in piedi sul sasso...
Tra i dottori che assistevano la bambina, notai: Zonca e Borroni, a destra; Loglio, indietro, a sinistra; davanti, a sinistra, il prof. Ferd. Cazzamalli di Como, libero docente di clinica neuropsichiatrica nella R. Università di Roma, presidente dell'Ist. di Metapsichica Ital., il quale offrirà generosamente alla questione delle Ghiaie la sua profonda competenza, studiando la piccina ed esaminando numerosi casi di "miracolati"; Ippolito Pipia e Adolfo Mazzoleni di Bergamo; Vittore Negri, Giuseppe Mastrangelo e il Prof. Rosario Ruggeri, dell'Ospedale psichiatrico di Mombello: fuori del recinto rimasero Zilocchi e Carlo Sala; altri ancora dentro e fuori del recinto, di cui non seppi il nome o non seppi ricordarlo. Non tutti, va da sé, poterono o vollero osservare seriamente, davvicino il fenomeno.
Quella sera, in qualità di... come dire? delegato vescovile, era con noi anche il Can. Sac. Giovanni Magoni, professore di diritto canonico nel seminario di Bergamo e cancelliere della Ven. Curia...

... S'intona il rosario, Ad. riconosce volti amici, vuole presso a sé Caterina, la cugina Maria e la zia Amabile, chiacchera con esse, colla sig.a Verri, che poco dopo Zonca fa spostare. Appare torpida, svogliata, sofferente. L'abituale serenità del volto è rotta da rughe di stanchezza, da sbadigli, velata da nebbiette di noia. Maggi le controlla il polso: 120, mi dice. Nulla di preoccupante, sembra. Controllo il mio: 120. Infatti, dico alla Maggi, bisogna aver attraversato quello spessore umano per sentirsi il cuore danzare e folleggiare in petto. Lo sguardo di Ad. sembra quello che precede il pianto o il sonno: nessuno vi leggerebbe l'attesa gaudiosa e trepida della Madonna. Zonca domanda:
- Quando viene la Madonna? -.
- Alle 7 -, risponde la piccina, colla sicurezza della semplicità, che può ben essere anche avventatezza e temerità. Ad. muove le labbra, risponde al rosario, a voce bassa.
- Non hai la corona? Te ne ho già date due, ieri e l'altro ieri; non ne ho più -, le dico.
- Me le hanno portate via -, mi risponde. Un pìo sacerdote, Don Ignazio Spini, direttore de "Il Cittadino" di Lodi, le fa consegnare la sua corona, perché reciti alcune Avemaria secondo la sua intenzione (alla quale erano legate tre grazie: due ottenute quasi immediatamente, la terza ottenuta qualche giorno più tardi, scrive l'ottimo sacerdote).
Verso le 18,30 la bimba impallidisce, suda freddo, contrae il volto, si contorce, preme le mani sull'addome, si rannicchia, piange, geme:
- Mi sento male -
Che succede? Accusa fortissimi dolori di ventre. Un gelido brivido mi trapassa giù per la schiena. Un lugubre pensiero mi agita: Che tutte le promesse di questo maggio glorioso, che tutta la storia meravigliosa di Ad. debbano sfumare malinconicamente e conchiudersi colla ironia di un banalissimo mal di pancia? Sudavo freddo. Mi dispiaceva, davvero, per la Madonna. Alla quale, allora, rivolsi una pazza, appassionata preghiera. Fu un attimo. Superai lo scoramento. La verità più triste mi è più cara del sogno più bello. La Vergine curi da se stessa i suoi interessi. Mi sentii soltanto un affettuoso amico della bimba, unicamente preoccupato di alleviare la sua sofferenza.
Ad. lascia il suo posto e si fa sedere sul sasso. Poi, da noi invitata, la buona Maria la raccoglie in braccio e si siede sul sasso, cullandola, compassionandola.
- Adelaide, andiamo a casa? Tu sei malata, poverina. Andiamo? domando alla piccina.
- No -, mi accenna col capo. Si levano d'attorno risolini di scherno, ammiccamenti maliziosi, nuvolette di caustico scetticismo, di delusione, un acre odor di fallimento. La preghiera lentamente svanisce e cessa. Una greve atmosfera stagna attorno a noi.
- Perché la gente non dice il rosario? -, chiede gemendo la bimba. Il citato Don Spini attribuisce alla piccola anche queste parole, che io non potei raccogliere in quella circostanza: "Fate pregare i bambini e le bambine a mani giunte. Basta pregare per ottenere quello che si vuole". Gruppi isolati riprendono sommessamente la preghiera.
Ad. si contorce ancora: "Ma che hai? Che cosa hai mangiato? Non hai dormito stanotte? Forse non hai digerito bene?... ", le si chiede da varie parti. Una volta la piccola risponde: "Ho mangiato un gelato". Mi ricordo: oggi non lo sorbiva colla consueta golosità. E poi, oggigiorno, un gelato, chi non lo sa?, è un tentativo di avvelenamento a cinque lire, diceva quel tale. Alla maloral Che fare, dunque?
- Pensate, le hanno dato un gelato. Senza testa! -, esclama un dottore, deprecando il misfatto, felice di aver scoperta l'etiologia del malessere. Si prova che il gelato fa male perché si trova che ha fatto male.
- Chi le ha dato il gelato? -, domanda un altro dottore.
Io -, rispondo colla dolorosa franchezza del pentito, che non è affatto la strafottenza del tracotante. La mia confessione fa svanire tutti i rimbrotti. Si trovò perfino che il gelato fa bene, che alla piccina provocò quel malanno solo per accidens, perché la digestione, per varie cause, era in ritardo... Eh, il mondo! Intanto non gioviamo alla poverina che soffre.
Echeggia una voce:
- La bambina si sente male -, Ci voltiamo dì scatto: una raffica di imprecazioni investe quell'imprudente. Il quale si tace. Per fortuna la voce non ebbe eco: si diffonde nei cerchi più vicini, ma è incerta, contraddetta, e non viene accolta. I cerchi più lontani narreranno che la visione stasera fu molto lunga, che durò due ore, che Ad. ebbe stasera due visioni.
Il Commissario, in piedi, dietro la piccina, mi chiama:
- Professore, si guardi attorno: proprio i suoi colleghi sono i più indisciplinati -. Aveva ragione, anche troppo. Molti preti, all'ingiro, tentavano di scavalcare lo steccato, con gran disturbo e disappunto dei vicini; una vedetta, appollaiata su un palo dell'apertura, urlava preghiere, invocazioni, ordini, informazioni; una suora, macchina fotografica tra le mani, gonnelle e veli svolazzanti all'aria, emergeva sulla folla, ritta in piedi sopra... che cosa?, forse un tronco, a pochi metri da noi...
La piccola accennò a bisogni corporali. Alcune persone alla sua destra si stringono in cerchio e preparano un nascondiglio al suo pudore. Dopo molte insistenze, Ad. si rassegna a servirsi di quel pietoso riparo improvvisato. Ma, per quanto si sforzasse, non poté soddisfare il suo bisogno. La presenza di estranei suole inibire siffatte necessità. Ricordo che, mentre veniva sollevata dal sasso, incidentalmente le rimase scoperta la zona inferiore della coscia sinistra. La fanciulla ricompose le vesti e si ricopri, colla calma semplicità di una matura virtù.
Ad. si contorce ancora e geme in braccio a Maria. Un dottore le offre una pasticca antinevralgica. Con tutte le sinuosità di una mamma si cerca di fargliela inghiottire. Inutilmente. Ma forse la prenderà con un po' d'acqua. Si cerca acqua. Una vedetta, a cavalcioni dello steccato, indietro a destra, grida: "Acqua per la bambina". L'acqua in quelle circostanze è ricercatissimo oggetto di mercato (nero). Ci giunse poca acqua, un bicchiere, molta acquavite, una borraccia, e cognac. Ad. rifiuta ancora. Forse la prenderà coll'aranciata. Si frammenta un'altra pasticca e si propina alla bimba in un bicchiere d'aranciata. Ad. l'assaggia circospetta, ma subito l'allontana, facendo boccacce e smorfie:
- E' amara, bevetela voi, io non la bevo -.
- Prendila, bevi, fa la brava, ti fa bene, è buona, fa un fioretto, la bevo anch'io, guarda, hai visto?, sù, prendila... -. Caterina, Maria, Maggi, per rassicurare la capricciosetta, fingono di bere, poi bevono, di fatto, una parte della soluzione. La quale, in definitiva, invece di far bene a chi si sentiva male, si limitò a non far male a chi si sentiva bene, poiché l'unica che non l'assaggiò fu proprio quella che ne aveva bisogno.
Si leva un'isterica voce fessa:
- Il solel Guarda il solel -. Scatto in piedi:
- Cacciatele un pugno in gola -, dico concitato. La voce si spense. Non fui gentile, ma quasi non me ne pento: avevo ben imparato che in siffatte circostanze la ragione non vale nulla se non è convalidata dalla prepotenza.
Trepidamente si erano aspettate le 19. Per quell'ora si voleva sperare un clamoroso rovesciamento di scena: la piccola balzerà in piedi al solito posto, repentinamente guarita, fisserà lo sguardo in cielo, sarà investita dalla gioia e dalla luce dell'ultima visione... Ma le 19 erano passate e la predizione di Ad. si trovò in difetto. Un'altra goccia amara di delusione. La piccina soffre ancora, tanto. Il giorno dopo mi dirà: " lo,ieri, mi doleva tanto il ventre che avrei voluto raggomitolarmi, farmi piccola, piccola, così".
Il mercurio dell'entusiasmo precipita a vista d'occhio. La psicologia dei presenti, già impaludata nella delusione, sta vetrificandosi nella rassegnazione. Fuori dello steccato, l'agitazione cresce. I malati, sepolti sotto la calca debbono soffrire terribili pene e sono minacciati; i familiari e le crocerossine che li assistono pregano, imprecano, protestano. Chiedo alla bambina, di nuovo:
Adelaide, non ti passa? Sarà meglio andare a casa. Qui fuori ci aspetta l'automobile. Andiamo? -. La piccola mi guarda con occhi imbambolati, velati di sofferenza e decisa:
No -, risponde. Zonca fa la stessa domanda: si ha la stessa risposta e consiglia di soprassedere.
Caterina si accosta alla sorella:
"Tè sé óna impostura. Va só, doca (sei una bugiarda. Mettiti dunque in piedi)".
Ad. non rispose.
Un grido galvanizza gli animi:
Un cieco si vede -: un modo come un altro per dire: Un cieco ha riacquistato la vista. Per istinto, sentiamo che di quell'annunciato miracolo rimarrà soltanto la violenza grammaticale dell'annuncio. Ridiamo, mestamente. Pochi minuti dopo:
- Un altro cieco si vede -. Poi:
- Una donna cammina -. Poi:
- Una donna si alza -. Un uomo leva al cielo l'apparecchio ortopedico e agita la gamba risanata. Una giovanetta paralitica dall'infanzia s'è messa a camminare. Un'ingessatura s'è spaccata e la sinovite è guarita. Un bimbo cieco batte le mani e grida: "Mamma, mamma, che bel sole!". Confesso che, preoccupato per le condizioni della bambina e per la brutta piega presa dagli eventi, non avverti completamente né il numero, né l'entità delle proclamate guarigioni, che in quella sera sbocciarono a catena continua, come gli Autem genuit del Vangelo. Notai che quelle notizie, succedentisi rapide e vioIente come nastro di mitraglia, non lasciarono indifferente la piccina. La quale, sempre accovacciata in braccio alla cugina, osservò:
- Se anche la Madonna stasera non viene perché io sono malata, lei è capace di farlo lo stesso, i miracoli -.
- Quali miracoli? -, le domando. Mi dispiaceva che quelle notizie guastassero la semplicità della bimba.
Sì, ha fatto guarire un uomo, due donne... - E anche più tardi mi dirà che quella sera la Madonna fece tre o quattro miracoli. Il suo male sembra ora avere una remissione. Non piange più, sbadiglia e, a qualche nostro lazzo, ha il coraggio di lasciar errare sulle labbra smorte un pallido sorriso.
Uno dei presenti consigliò che il cieco "miracolato" fosse introdotto nel recinto. Allora, anche la bambina lo volle. Don Guido, che conservava la testa a posto, si oppose seccamente:
- Se è guarito, vada in chiesa a ringraziare il Signore. E' il Signore che fa i miracoli e non la bambina. Poi vada in casa del parroco e attenda il controllo medico -. Così rispondemmo a tutti i casi analoghi.
Avevamo stabilito sulla piazzetta un posto per il pronto soccorso e per un primo esame medico. Ecco che cosa vi succedeva in questo frattempo, secondo la narrazione della sullodata professoressa:
"Mi trovo nel cascinale, al posto di pronto soccorso. Medici e professori, infermiere e crocerossine. Sventolìo di camici bianchi, odor di canfora e di etere. Folla anche nell'aia. Visi pallidi e sudaticci di chi non regge alla ressa, malati.
- Miracolo, miracolo -. Ognuno accorre incontro ai portatori.
Ecco la miracolata. Diciannove anni, paralisi infantile dagli otto mesi. Ora, sorretta per le ascelle da un medico e da una infermiera, tenta i primi passi, sotto gli occhi attoniti e commossi di tutti. Una nanerottola, dal viso scialbo, largo alle tempia ed affilato al mento, triangolare, caratteristico delle lunghe degenze. Gambucce esili, con due piedoni sproporzionati, piatti, infagottati in grosse calze, senza scarpe. Li butta di qua e di là, tenendo lo stinco rigido, come un fantoccio meccanico. Ma cammina ed agita le dita delle mani inerti, quasi in atto di saluto. Mani gonfie, dalle dite esili, lunghe, che mi danno l'impressione di zampe di ragno. Percorre tutto l'ammattonato sconnesso, guardandosi in giro con quei poveri occhi acquosi, come per chiedere: "Si fa così a camminare?". Dietro, un parente piangente spinge la carrozzella. Entra nella cucina-ambulanza per il controllo medico.
- Miracolo, miracolo -, gridano di nuovo sul portone spalancato.
E' un bel bambino bruno di nove o dieci anni. Tra le braccia dei portatori agita instancabilmente la gamba ingessata. Per far vedere che è guarito. E solleva il calzoncino per mostrare l'ingessatura, che dal piede sale all'inguine. Ride, salta tra le braccia di un soldato, agita la gamba, tanto che il gesso si spacca sotto il ginocchio. Grida più forte di tutti: "Miracolo, miracolo". Le donne accorrono. Toccano il gesso benedetto con fazzoletti, borsette. Il ragazzetto si diverte. Coglie a volo, frega
energicamente sulla gamba per comunicarne tutta la virtù taumaturgica, l'agita senza posa a destra, a sinistra, in alto, in basso, la piega: a volo rimbalza gli oggetti alla folla...



Sono passate le 19,30 e quell'ostinato male non è ancora scomparso. E' troppo tardi. La Madonna non usa mancare così indecentemente agli appuntamenti.
- Andiamo a casa -, ripeto alla bambina, - in dieci minuti ci siamo. Là ti passerà -. Anche stavolta Ad. rifiuta. E sia. Ma fino a quando? L'urto della folla ci è intollerabile, ormai, non sapendo fino a quando dovremo ancora tollerarlo. I malati sono venuti (lui per strappare al cuor della Vergine la guarigione e, come per diabolica ironia, trovano, invece, una paurosa moltiplicazione di pene e di pericoli per la propria incolumità. Fino a quando? Gallarano, di sopra la testa della piccina, è impaziente:
- La portiamo via, dunque? Guardate questi malati. Me li ammazzano. L'ordine non si può più tenere...
Colle mani, col capo, cogli occhi lo supplico di attendere ancora, ancora un poco: la piccola vuol rimanere.
Preghiamo -, consiglia Cazzamalli. S'inginocchia, estrae la corona, intona il rosario.
Non è ancora terminata la seconda decina che la piccola slitta fuori dalle braccia di Maria e si rimette in piedi sul sasso. Che fa l'Ad.? E' guarita d'incanto? Domani mi confesserà che in quel momento disse a se stessa: "Saltiamo sù, per amore del Signore e della Madonna". Distende il viso, e si rasserena. Ma soffriva ancora, tanto, mi dirà poi. Comunque, è in piedi, congiunte le mani, aspetta la Madonna. Dimentichiamo tutto, respiriamo. L'attesa si fa angoscia. Si continua il rosario.
Zonca offre alla bimba la sua corona. Verri intona le litanie. Si prega con più cuore. Anche la fanciulla prega meglio, stasera. A tratti sbadiglia. Esplora lentamente il cielo.
Alle 19,53 il suo occhio si concentra in alto; alcuno vi lesse un sussulto di gioia, una fulgurazione, un sorriso; ruota lentamente da destra a sinistra e si fissa nella consueta direzione frontale. E' in visione.
- Vedi la Madonna? -, chiede Verri.
- Sì -, risponde lievemente la bimba. Per un minuto abbassai la testa e, quella sera, anch'io pregai con passione la Vergine. Quale? Ouella delle Ghiaie? Almeno quella del cielo. Zonca si porta un poco avanti, isola la bimba da ogni contatto e raccomanda:
Nessuno la tocchi -.
Cedola parola ai competenti.

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Ecco le note di Zonca e di Borroni

"La bambina mi sembra un po' abbattuta. Le domando quando avverrà la visione. Mi risponde: "Alle 7". Ogni tanto scambia qualche parola con i più vicini. Più tardi dice di avere dolori al ventre. Si mette a sedere e poi in braccio alla cugina. Si rannicchia su se stessa e si comprime il ventre. E' pallida. Qualche lacrima. Si tenta di farle prendere la pastiglietta di cibalgina, ma la rifiuta. Sciolgono la pastiglietta in un bicchiere di aranciata, la sorella e la cugina fingono di berne una parte e poi la portano all'A., che lo allontana, dicendo alle offerenti di bere loro stesse. Sono, le 19, non cessano i disturbi, qualche sbadiglia, qualcheduno cerca far soddisfare i suoi bisogni alla bambina. Ha la faccia addolorata; ritorna tra le braccia della cugina. Sono le 19,30 e ancora i disturbi non passano; qualche atto di sfiducia attorno. Io penso che bisogna attendere, sua sorella la rimprovera e le dice: "Te se óna impustúra; va"! Domanda all'Ad. se vuol tornare a casa: risponde di no. Alla Dott. Maggi dice che se la Madonna non viene perché lei sta poco bene i miracoli però li fa lo stesso. Nel frattempo, e già due volte prima, sono sorte delle grida di guarigione. Il Commissario di P. S., impensierito, dice che è troppo tardi, che l'attendere oltre potrebbe diventare un pericolo per tanta folla e vuole che si porti a casa la bambina. Don Cortesi chiede al Commissario di soprassedere. L'A., nuovamente interrogata, vuol restare.

Ad un certo momento, poco prima delle 20, la bambina si alza ed è in piedi sul suo sasso; la cugina dice che le è sgusciata fuori di mano; io stesso non ho sorpreso il momento in cui la bambina ha abbandonato la posizione rannicchiata sulle ginocchia della cugina ed è balzata in piedi eretta sul sasso. Ad. congiunge le mani, le do la mia corona del Rosario. Poco dopo è assorta e guarda fissa innanzi a sé. Il suo viso è cambiato, non è più il viso disteso, aperto, sorridente della bambina di Via Masone; ora è un viso attento, non teso, ma assorto, con un'espressione un poco estatica; lo sguardo è molto fisso in qualche cosa che concentra tutta l'attenzione della bambina. Ammicca molto spesso, muove le labbra: nessuna reazione alla puntura con lo spillo alle gambe, mani, regioni laterali del collo. Verri le chiede se vede la Madonna; ella risponde: "Sì". Un medico le tocca le ciglia delle palpebre con un pennello: ammicca fortemente e ripetutamente. Si lascia asciugare il sudore senza scomporsi e distrarsi; lei stessa una volta si asciuga il sudore che le entra nell'occhio destro con il dorso della mano.
Le osservo attentamente gli occhi: nulla di particolare, non riflessi sulla cornea, non iperemia delle congiuntive bulbari; noto un ammiccamento più frequente e più accentuato che le altre volte. Sgrana la corona e poi fa il gesto come di chi vuoi consegnare la corona; io porgo la mano e lei la lascia cadere, sempre guardando verso il suo punto.
Non guarda più; socchiude le palpebre per un attimo e riprende contatto con il mondo che la attornia; dice che ha ancora i dolori di ventre o che le stanno ritornando e ricorre pure sul viso l'espressione di dolore ". (Dott. Zonca Giovanni).

"Tutto si è svolto come la sera precedente, con le seguenti varianti. Durante il periodo di attesa la bambina fu colta da dolori viscerali addominali a tipo spasmodico, con faccia sofferente e sudorazione fredda, non però pallore spiccato del volto. Accusò inoltre il bisogno di urinare, ma per quanto incoraggiata da parenti e si sforzasse lei stessa di soddisfare il bisogno non riuscì. (Frequentemente si osserva specie nei bambini la impossibilità a soddisfare simili bisogni, in presenza di persone). Tenuta quasi sempre in braccio da una parente, i disturbi descritti, lentamente e gradatamente, dopo circa un'ora scomparvero.
Dopo la recita del S. Rosario e il canto delle Litanie, la bambina è entrata in estasi alle ore 19,50 circa, con il medesimo atteggiamento della persona e dello sguardo della sera precedente. In mano teneva una corona del Rosario, scorrendone i grani, mentre muoveva le labbra come a preghiera. Talora però moveva le labbra senza scorrere il S. Rosario.
Durante l'estasi, che è durata circa 10 minuti, lo sguardo non fu sempre fisso in un punto, ma tre o quattro volte deviò, per brevissimo tempo, leggermente a destra ed a sinistra. Una volta con la mano, destra si prosciugò il sudore dalla guancia destra e dal dorso del naso". (Dottor Vittore Borroni).

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Confermo tutti i particolari registrati dai due medici, meno quelle lievi e fugaci oscillazioni della linea di sguardo rilevate da Borroni, le quali stasera mi sono sfuggite; notai soltanto una rapida e modica rotazione dei capo verso destra, quando la Maggi da sinistra le asciugò il sudore dal volto.
Cazzamalli, in piedi, a sinistra, osservava attentissimo e annotava. Loglio aveva registrato il polso. Trovò: 110 alle 18,25, 116 alle 18,30, 120 alle 18,40, 108 alle 19,18, 74 alle 20,03. Non leggo nei miei appunti molti altri fatti di particolare rilievo. Ricordo solo che anche in visione la vidi sbadigliare due volte; che all'inizio della visione le mani rimasero sospese a livello dell'epigastrio, sovrapposte l'una all'altra, senza toccarsi, nell'atteggiamento strano di uno che, sorpreso da un evento improvviso, si sia irrigidito in una posizione innaturale; che al passaggio di un aereo, più alto nel cielo che non ieri sera, Ad. non si mosse minimamente; che alla fine dell'estasi girò lentamente il capo e lo sguardo verso destra, in alto, come per accompagnare la visione che scompariva.

Alle 20,04 Ad. senza scosse e, come pare, senza nostalgie, riprende contatto con noi. Avverto il Commissario:
- E' finita. Andiamo -. La rapida sicurezza di questo avvertimento dispiacque al buon Cazzamalli. Peraltro me la perdonò subito, quando si rese conto che mi era consentita dall'esperienza che avevo delle fasi del fenomeno ed era imposta dalla necessità di sottrarre al più presto la fanciulla all'inondazione della folla. Il recinto era già invaso dal torrente. Facciamo barriera intorno alla bimba. Il Commissario l'innalza sulle sue spalle e per due volte la mostra. Anche il sole calante si sarà attardato nel suo cammino, anche il fiume vicino avrà arrestato il suo perenne scolamento per contemplare quell'oceano umano delirante attorno a una bimba levata nella chiarità del cielo.
Il Commissario e i suoi uomini, colla voce, colle spalle, colle armi ci aprono un varco. La folla si ritira davanti, ma rifluisce di dietro e ci inghiotte. Mi ricordo che per togliermi da un groviglio dovetti far leva colla mano sul petto di una ragazza: il grido che la poveretta emise mi turbina ancora nel cervello, cocente come un rimorso. Anche Ad. si difendeva bene, come un tigrotto. Percorriamo il viottolo che porta sulla piazzetta del Torchio, ma all'inizio del cascinale, là dove pochi giorni prima scorreva pigro e modesto il rigagnoletto, voltiamo improvvisamente a destra e penetriamo nel campo di Colleoni. I militi bloccano coi moschetti l'apertura. Siamo liberi. Giriamo a destra verso sud, attraversiamo il campo di corsa - i pochi audaci che hanno scavalcato la rete metallica e i filari di vite, sono facilmente allontanati - e ci rimettiamo sul sentiero deserto percorso due ore prima. Zonca aveva riconsegnata a Verri la piccina che aveva portata per un tratto. La macchina era circondata da qualche centinaio di curiosi: non ci fu difficile disperderli.
Filiamo verso Bergamo. I disagi dell'andata si rinnovano nel ritorno. Ma chi ci badava, ormai? Ci badammo un poco solo quando l'auto, sconquassata e bolsa, s'incapricci e rifiutò di arrampicarsi lungo una modesta salita. Gallarano ed io dovemmo spingerla a mano.
Ad. soffriva ancora. Bevve con noi un'aranciata, poi si rasserenò.
- Hai visto -, mi dice, - quella donna che ha preso i miei capelli e li ha messi nella borsetta? -.
- E la scarpetta? Che volevano fare di una sola? Almeno te le avessero portate via tutte e due! Per fortuna che alla fine ho potuto ripescarla. -
- Mi hanno tirato giù anche le calze, mi hanno graffiato i piedi e le gambe, mi tiravano la veste e i capelli -.
- Poverettal Mi sembri una gallina spennata. E come stai, adesso? -
- Bene. Un po' mi è passato. -
- Quel gelato! Non mangeremo più gelati in eterno. Mi perdoni? Non l'ho fatto apposta -.
Ad. sorride. Discorsi di scampati al naufragio.
Sorpassiamo carri, autocarri, automobili, biciclette, comitive a piedi. Il suono insistente della tromba richiama su di noi l'attenzione dei passanti. Ci riconoscono, gridano, tendono le mani. La gran velocità ci salva. Un fremito di esaltazione, di delusione, di nostalgia percorre quella strada polverosa, ci insegue, ci raggiunge. Forse ci accusa? E noi forse scappiamo vergognosi, per non dovere confessare alla folla che l'esito del dramma di Ad. non fu pari alle brillanti speranze iniziali?
Si profila davanti un posto di blocco tedesco. Gallarano si mette sulla pedaliera destra. "Polizia", grida. E si passa. Rientra in macchina e gioca colla bimba.
- Vedi? Con questa io ti difenderò sempre. Non devi mai aver paura quando ci sono io -. E accarezzava la rivoltella. Ad. la vuol vedere. Scaricata, è un giocattolo che si può impunemente maneggiare e smontare. Giocattolo pesante: Ad. deve tenerla con due mani; e misterioso: che ci capisce l'innocente di quel lugubre strumento di morte?
Alle 20,45 rientriamo nell'istituto. Perché questo ritardo?, sembrano chiederci le suore.
- Ah! madre, fiasco, fallimento. Nulla, stasera, nulla -. ù
Mentivo celando, per poter smentire, per offrir loro la gioia di sentire smentita una notizia malinconica.
- Sì, la Madonna stasera ci ha fatto disperare e le tengo il broncio. Ma alla fine è venuta; molto tardi, ma è venuta. SE PURE È VENUTA, S'INTENDE. La piccola s'è sentita assai male. Che possiam fare? Un purgantino, credo... -. Non c'è bisogno di suggerir nulla alla premura affettuosa di quelle care suore.
Ci riposiamo in giardino. Il vescovo mi attende al telefono. Gli riferisco i fatti e i fattacci della giornata, ne ricevo gli ordini per l'indomani.
Il Commissario ci ha lasciati, soddisfatti, soddisfatto. Ritorna a noi la bambina: giuliva e serena come un aprile. Benedetti figlioli, che ti fan morire di pena e poi, cinque minuti dopo, ti vengon li con un'adorabile faccia tosta per burlarsi di te, per farti meravigliare come cinque minuti prima tu potessi morire di pena per loro! Ci narrò di aver visto la S. Famiglia; la Madonna era vestita di rosa, tutta di rosa; e c'erano gli Angeli, tanti, che cantavano; e com'era bella! com'era bella! più bella di tutte le altre volte.
Era stanca e s'addormentò sulle ginocchia di Suor Michelina. Quella notte dovette sognare la Madonna bella, bella, bella, poiché al mattino, ancora a letto, restituì il "buon giorno" a Suor Rosaria con queste parole, fragranti di letizia e di nostalgia:
- Com'era bella la Madonna!...

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Fonti:
- Archivi privati.
- Archivio Mons. Bramini.
- Biblioteca civica Angelo Maj di Bergamo.
- Relazione di don Luigi Cortesi "Storia dei fatti di Ghiaie", SESA, Bergamo 1944.


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Allegato   Data inserimento:  31/05/1944