Autore:  Vari Data documento:  30/05/2006
Titolo:  Terza Tavola rotonda sui Fatti di Ghiaie di Bonate

 TAVOLA ROTONDA NEL ANNIVERSARIO DELLE APPARIZIONI DELLA MADONNA A GHIAIE DI BONATE
TRASMESSA DA RADIO MARIA
30 MAGGIO 2006 – ORE 21.00 ÷ 22.30

LE APPARIZIONI DI GHIAIE DI BONATE – IL PROCESSO

Partecipano alla trasmissione:
(Per ordine d’intervento)
Padre Angelo Maria Tentori, mariologo
Angelo Montonati, giornalista e scrittore
Alberto Lombardoni, docente di francese, scrittore e autore
Achille Rinieri, giornalista
Giuseppe Arnaboldi Riva, scrittore

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PADRE TENTORI – Buonasera, carissimi radioascoltatori.
In questo mese di Maggio, oltre a ricordare l’inizio delle apparizioni della Beata Vergine a Fatima il 13 maggio 1917, vogliamo ricordare anche il 62° anniversario dell’inizio delle apparizioni, sempre nello stesso giorno, di quelle di Ghiaie di Bonate nel 1944 ad una bambina di 7 anni, Adelaide Roncalli.

in queste apparizioni, la Vergine Santa appare assieme allo sposo Giuseppe e a Gesù bambino, e i suoi messaggi, sia pure in forma semplice, accessibile il più possibile alla mentalità e al linguaggio della bimba, vertono sulla famiglia, affrontando anticipatamente la crisi di questa che sarebbero sfociata anni dopo e che noi, oggi, possiamo rilevare.

L’autorità ecclesiastica di quel tempo si mantenne sommamente prudente al riguardo e solo dopo quattro anni emanò un giudizio di “sospensione di giudizio”, cioè con la classica formula che “al momento non ci sono certezze per dichiarare di origine soprannaturale quegli avvenimenti. La formula stessa lasciava aperta ulteriori investigazioni per giungere eventualmente ad un giudizio definitivo.
Da allora ci furono varie complicazioni soprattutto per l’equivoco in cui molti caddero credendo che l’autorità ecclesiastica si fosse pronunciata negativamente con un giudizio definitivo per cui si creò una divisione tra chi credeva nell’autenticità di quelle apparizioni e chi invece le negava, basandosi su quel giudizio del vescovo, ritenendolo definitivo. E la cosa sembra continuare anche oggi.

Ci siamo chiesti in tutti questi anni che cosa fu, o su che cosa si basò quel giudizio di “sospensione” o di negazione temporanea dell’autorità ecclesiastica e della convinzione di buona parte del clero per propendere alla negazione assoluta degli avvenimenti.

Come sempre, i fattori sono molteplici, ma ci sembra che uno, sopra tutti, costituisca il punto fondamentale, punto che portò e porta tutt’ora a personali conflitti di coscienza e cioè se quelle apparizioni fossero frutto solo di fantasia di una piccola sognatrice. Andare a pregare sul luogo e credere nell’autenticità dei fatti costituirebbe peccato di disobbedienza e peccato contro la fede.

E quel fattore importante, basilare, è dato dal Processo tenuto dal tribunale Ecclesiastico con l’interrogatorio della veggente e di altre persone, iniziato il 21 maggio 1947.

Ecco questa sera vorremmo affrontare questo tema per giungere ad una serena valutazione e a ridare pace e tranquillità di coscienza a coloro che sperimentano, sacerdoti o laici, conflitti di coscienza.
In effetti, negli interrogatori della piccola veggente, più volte lei stessa afferma che non aveva visto nulla, anzi “nuvole” e che non era vero nulla di quanto aveva affermato prima. Facile allora la conclusione del tribunale: se lei stessa nega, allora non è vero nulla e il caso dovrebbe essere risolto.
Ma qui i punti interrogativi sono più numerosi di ogni conclusione negativa. Allora, come si spiega tutto il decorso degli avvenimenti, dei messaggi, delle guarigioni, delle profezie avveratisi? Tutti argomenti che non furono per nulla trattati in quel processo.

Ma ecco la domanda inevitabile che dobbiamo porci è questa: ma quel processo sul quale si basò e si basano tuttora certi atteggiamenti pratici, fu valido oppure no?
Le prove addotte e le persone interrogate furono tutte degne di fede o qualcuno ha mentito? Insomma quel processo fu svolto alla ricerca della verità, oppure fu inficiato da precomprensioni, da procedimenti illeciti e invalidanti?
Benché più volte sia stato asserito che tutto fu regolare, dobbiamo invece concludere che quel processo non solo fu illecito ma anche invalido per tutta una serie di motivi, come già ebbe a definirlo l’avvocato difensore mons. Bramini che si avvalse della collaborazione di alcuni esperti in tale materia.

Vedremo assieme, sia pure brevemente, i motivi per cui quel processo fu invalido.

Vogliamo però mettere subito in chiaro una cosa. Siccome in tutta la vicenda ha un ruolo molto importante se non addirittura decisivo un sacerdote, don Cortesi, siamo costretti a parlare di lui. Non lo facciamo né per polemica né per denigrazione gratuita, ma solo per necessità della presentazione dei fatti. Stesso discorso per tutti i membri che formarono il collegio giudicante.

MONTONATI – Quindi il punto cruciale è la non validità di questo processo. Allora, perché ciascuno possa rendersi conto di questa non validità, noi intendiamo offrirvi un breve riassunto, con relative osservazioni appunto sul processo. A questo punto darei la parola al professor Lombardoni del sito internet www.madonnadelleghiaie.it, che ha studiato dettagliatamente tutte le fasi del processo e su questo sito voi trovate tutti i documenti relativi.
Prego…

LOMBARDONI – Ricordiamo che il 28 ottobre 1944, mons. Bernareggi aveva istituito una Commissione per l’esame dei fatti di Ghiaie di Bonate e che il 22 dicembre, il vescovo decideva di introdurre nella Commissione un esperto esterno, un difensore delle apparizioni, mons. Angelo Bramini di Lodi. Il difensore lavorò a capofitto, raccogliendo una notevole e solida documentazione, ma dopo aver riscontrato molte irregolarità della Commissione nella conduzione delle indagini e preoccupato per gli esiti catastrofici del lavoro di don Luigi Cortesi e la sua influenza sulla Commissione, chiese al Vescovo lo scioglimento della Commissione e l’istituzione di un Tribunale ecclesiastico. E l’8 maggio 1947, a lato della Commissione veniva istituito un Tribunale ecclesiastico che doveva procedere “alla necessaria istruttoria dei fatti in forma giudiziale”, con Presidente mons. Merati, giudici aggiunti mons. Patelli e don Carrara, Promotore della fede mons. Cavadini, Postulatore e avvocato per le apparizioni mons. Bramini, e notaio mons. Magoni.

Faccio osservare quindi che mons. Angelo Bramini, era a pieno titolo membro di quel Tribunale.

Le sei sedute del Tribunale furono così distribuite:
1) 21 Maggio 1947, interrogatorio di Adelaide Roncalli.
2) 23 Maggio 1947, interrogatorio di Suor Bernardetta e poi di Adelaide.
3) 2 Giugno 1947, viene intercalata una seduta senza interrogatori, l’hanno chiamata “seduta tecnica”.
4) 6 Giugno 1947, interrogatorio di nuovo di Suor Bernardetta e poi di Adelaide, e poi confronto tra Adelaide e Don Cortesi.
5) 9 Giugno 1947, interrogatorio del Parroco di Ghiaie di Bonate, Don Cesare Vitali.
6) E infine il 10 Giugno 1947, l’ultima seduta, interrogatorio di Don Italo Duci curato coadiutore di Ghiaie, poi interrogatorio di Nunziata Roncalli e poi di Suor Celestina Algeri.


MONTONATI – 10 giugno 1947, l’ultima. Allora cominciamo subito con la prima seduta. L’interrogatorio di Adelaide Roncalli.

LOMBARDONI – Bene! La seduta si svolge all’Istituto delle Suore della Sapienza di Bergamo, il 21 maggio 1947. Adelaide ha 10 anni. Viene accompagnata in aula dalla Superiora che la lascia sola davanti ai giudici. Il dibattimento inizia senza la presenza del postulatore e avvocato delle apparizioni – cioè il difensore – mons. Bramini.

Prima di tutto si chiede ad Adelaide se sa cosa è il giuramento e la si fa giurare.
Nei verbali del processo, per esempio, le domande rivolte ad Adelaide o ad altri testimoni poi – pochi per la verità – non sono elencate. Si trovano solo le risposte in un italiano piuttosto confuso. Le risposte di Adelaide sono riassunte.

Iniziamo col dire che la bimba racconta di non essere stata assolutamente influenzata dall’aver assistito alla rievocazione della vicenda di Fatima, rappresentata nel teatrino parrocchiale in epoca precedente le Apparizioni.

Nel verbale si leggono testualmente queste parole. “Le domande cadono”: ma di quali domande si tratta? Mistero!
Vengono rivolte talune contestazioni “dagli atti” Ma di quali atti si tratta? Forse il libro di Don Cortesi? Non si sa.
Alla bimba vengono contestate alcune negazioni relative alle Apparizioni. Adelaide risponde o che non ricorda o che si è trattato di uno scherzo.
E Ancora. Mons. Cavadini, uno dei giudici, durante l’interrogatorio – si fa per dire – ha in mano il 3° volume di Don Cortesi “Il problema delle apparizioni di Ghiaie”. Lo aveva solo lui o lo possedevano anche gli altri giudici? E soprattutto, a che titolo veniva usato? Altro mistero!

Sempre mons. Cavadini legge la pagina 228 del terzo volume scritto da don Cortesi circa un colloquio avuto dallo stesso sacerdote con Adelaide. Poi se si guarda bene quelle pagine, si tratta del colloquio del 13 agosto 1945, nel quale don Cortesi mette alle strette la bambina ed usa l’arma della confessione. La bimba afferma di non ricordare quanto scritto in quelle pagine. Ma precisa che le Suore la picchiavano quando lei asseriva di aver visto la Madonna.


MONTONATI – Ad Adelaide venne anche mostrato un foglio dove, di suo pugno, era scritto che non aveva visto la Madonna.

LOMBARDONI – Quello scritto le venne estorto da Don Cortesi in seguito a pesanti minacce. Adelaide rivelerà questo fatto più volte.
Non solo. In questa seduta dichiarerà: “C’era presente appena don Cortesi. Lo scritto me lo ha dettato lui. Mi dettava come in classe e io scrivevo. Io capivo le parole e le scrivevo”.

Ad un certo punto, durante il processo, ad Adelaide viene chiesto se avesse scritto un’altra lettera al Vescovo di Bergamo. Di fronte al silenzio imbarazzato della bimba, mons. Merati – presidente del Tribunale – chiede ad Adelaide se vuole rimanere sola con lui. La risposta è sì. I componenti del tribunale escono. A mons. Merati la bimba dirà più volte: “La Madonna non l’ho vista”. “Ho visto delle nuvole!”


MONTONATI – E ma a questo punto vanno fatte delle ovvie considerazioni basate però su dati di fatto E’ così, no?


LOMBARDONI - Non dimentichiamo che la bambina all’epoca del processo ha solo 10 anni. Per tre anni è stata praticamente sequestrata. Non poteva incontrare i famigliari, se non raramente. Lontana dalla famiglia alla quale era assai legata, sballottata in vari Conventi, terrorizzata con le paure dell’inferno, e picchiata – ricordiamocelo – ogni qualvolta sosteneva di avere visto la Vergine con la Sacra Famiglia, non era certo una creatura libera, quella bambina. Davanti al tribunale venne accompagnata da una Suora.

Ma quel che è gravissimo è che fu lasciata sola davanti ai giudici e la bambina non era moralmente e giuridicamente soggetto atto a giurare. Una cosa inammissibile, non consentita dal Codice di Diritto Canonico il quale stabiliva, canone 1648, che i minori potevano stare in giudizio soltanto tramite i loro genitori o i tutori o i curatori e nelle cause spirituali per il tramite di un curatore costituito dal giudice.
In questo caso non venne neppure assistita, come accadde anche nelle udienze successive, dal suo difensore, mons. Angelo Bramini, un sacerdote nominato appositamente dal Vescovo.
E’ evidente che tutti questi elementi invalidano, indiscutibilmente, il processo.

Va inoltre detto che l’interrogatorio di Adelaide Roncalli si limitò solamente ad una parte della prima Apparizione. Con sospetta disinvoltura furono trascurate le altre 12 Apparizioni.
Per provare l’estorsione del biglietto, ecco che cosa disse successivamente Adelaide alla cugina Annunziata Roncalli: ”Don Cortesi per farmi scrivere il biglietto, mi diceva che mio papà e mia mamma erano stati messi in prigione per colpa mia; che le mie sorelle erano state portate lontano e la casa era stata chiusa a chiave; non c’era più nessuno. Tutto per colpa mia perché ho detto che ho visto la Madonna. Se sempre dicevo che l’avevo vista il papà e la mamma sarebbero sempre stati in prigione e le mie sorelle non sarebbero più venute a casa. Non avrei più visto nessuno. Dopo mi ha dato la sua penna stilografica e la carta per scrivere il biglietto”.


MONTONATI – Beh, a questo punto si può osservare che quella ritrattazione non era valida o no?

LOMBARDONI – Certamente. Al momento della scrittura non era presente nessun testimone. Si nota chiaramente che la scrittura di Adelaide su quel biglietto non è spontanea. Sul biglietto macchiato ci sono correzioni e alcune lettere non sono di Adelaide.
Lo scritto venne fatto fotografare da Don Cortesi, subito, che ne divulgò copie ad amici e conoscenti contravvenendo al segreto istruttorio. Quindi, anche questo documento è un documento invalidato.

In merito a quel biglietto estorto, Adelaide scriverà più tardi in un suo quaderno queste parole: “In una sala delle suore Orsoline di Bergamo, dopo aver chiuso le porte, don Cortesi mi dettò le parole da scrivere sullo sfortunato biglietto. Mi ricordo benissimo che, posto lo stato di violenza morale che stavo subendo, lo macchiai ed egli divise il foglio e me lo fece rifare, con molta pazienza, pur di ottenere il suo scopo. Così il tradimento fu compiuto.”

Possiamo aggiungere un’altra irregolarità anche: durante il processo il libro di Don Cortesi – lo si è detto – è nelle mani dei componenti il tribunale. Il libro era stato pubblicato in gran fretta nel settembre 1945 e qualche settimana dopo – l’8 di ottobre era già stato distribuito e letto – quindi circolava tra gli amici e conoscenti di don Cortesi e anche tra estranei fuori provincia.
Questo libro “Il problema delle apparizioni di Ghiaie” reca versioni dei fatti, commenti e conclusioni dello stesso don Cortesi che i giudici faranno proprie – guarda caso – con le stesse parole del libro. Ricordiamo che già il 15 settembre 1945 – quindi il giorno della ritrattazione di Adelaide – quasi due anni prima del processo, Don Cortesi, sentenziava alla pag. 230 del suo libro “Non consta il carattere soprannaturale…” Quindi la cosiddetta “istruttoria” di don Cortesi, essendo di dominio pubblico non doveva essere acquisita agli atti dal Tribunale ecclesiastico.

Utilizzando il testo di don Cortesi, il tribunale avalla in pieno i metodi illegali adottati dallo stesso Cortesi e le ingiurie e le offese rivolte alla piccola veggente e alla sua famiglia (riportate su proprio su quel libro).

Vogliamo infine ricordare che il presidente del tribunale, mons. Merati, interrogando da solo la bambina, verso la fine della seduta, diviene anche testimone contraddicendo così le sue funzioni di presidente imparziale, invalidando anche la sua testimonianza.

MONTONATI – E allora, qui le cose sono tante. Ma comunque adesso passiamo ora alla seconda seduta del tribunale, quella che si è svolta il 23 maggio del 1947. Lì viene interrogata Suor Bernardetta dell’Immacolata che era una delle custodi di Adelaide, la quale non solo offre una valutazione positiva della bambina, ma confessa di credere personalmente alle Apparizioni della Vergine. E’ così?


LOMBARDONI – Sì! In quella seduta del 23 maggio, viene nuovamente poi interrogata Adelaide circa la verità sulle Apparizioni, subito dopo suor Bernadette. La bimba intimorita risponde confusamente. “Dice che non pensava né di dire bugie né di dire la verità. Le diceva così”, scriveranno nel verbale.
Delle prime dieci domande poste alla bimba, vengono verbalizzate soltanto le risposte, quindi non sappiamo il contenuto delle domande.

MONTONATI – E anche in questa seduta manca la presenza di mons. Bramini, quindi ancora una volta Adelaide è senza assistenza. Allora io vorrei chiedere a Padre Tentori come mai Adelaide insiste nel negare l’autenticità delle Apparizioni?

PADRE TENTORI – La risposta la troviamo nella promessa fatta da Adelaide, in confessione, a Don Cortesi, di mantenere sempre quella parola è cioè la negazione, perché altrimenti sarebbe caduta in peccato mortale!!! Credo che a questo punto si debba anche valutare l’uso distorto che don Cortesi fece della confessione per raggiungere i suoi scopi.

MONTONATI – Poi abbiamo la terza seduta, il 2 giugno 1947, e lì il verbale ci rivela che non vi è stato alcun interrogatorio. Vengono chieste notizie di una lettera in cui Adelaide afferma di aver visto la Madonna. E lo dichiara davanti a sette testimoni a Ghiaie.


PADRE TENTORI – Infatti, questa lettera di Adelaide, di cui si parla nel verbale, è del 12 luglio 1946. Venne scritta nell’asilo di Ghiaie nel breve periodo in cui la piccola era tornata a casa ed era quindi libera da ogni pressione. Mons. Merati, presidente del tribunale, propone di mettere Adelaide a confronto con quella lettera. Poi si ripromette, se questi confronti saranno giudicati necessari, di porre la bambina di fronte al Parroco, alla cugina Annunziata, a don Cortesi e alle Suore. Ma il tribunale, purtroppo, non terrà in considerazione la lettera scritta dinnanzi a 7 testimoni, poiché acquisirà invece, come prova principale, il biglietto di negazione estortole da don Cortesi senza alcun testimone.

MONTONATI – Allora, passiamo adesso alla quarta seduta, 6 giugno 1947. Vengono interrogate suor Bernardetta dell’Immacolata, Adelaide e poi si procede ad un confronto tra la bambina e don Cortesi.

LOMBARDONI – Va detto che, ancora una volta il postulatore della causa e difensore di Adelaide, mons. Bramini, non è presente! Contro mons. Bramini viene espresso il disappunto per aver messo a conoscenza dei fatti di Ghiaie mons. Giovanni della Cioppa, Avvocato della Sacra Congregazione dei Riti, di Roma. Il monsignore in questione, come conseguenza, si era permesso di inviare un suo parere al Vescovo e al Tribunale Ecclesiastico.

Che cosa aveva detto, in sintesi, di tanto grave, mons. Della Cioppa per irritare i giudici del tribunale? Ecco alcuni stralci di quanto riferisce mons. Bramini nella sua lettera del 3 giugno 1947:

RINIERI – Infatti in questa lettera, mons. Bramini riassume in sette punti l’esposizione di mons. Della Coppa.
”1)Egli ritiene che fu un grosso errore inquisire la bambina, sia quando lo fece don Cortesi, sia ora che lo fa il tribunale. Per la sua età la piccola non è capace né moralmente, né giuridicamente di giurare e di deporre. Essa va lasciata in pace nel modo più assoluto.
2) Mons. Della Cioppa afferma che né la precedente negazione, né la riaffermazione, né la nuova recentissima negazione hanno valore alcuno, e non debbono sorprendere affatto. Si sono verificati fatti consimili anche nella vita di Santi favoriti da rivelazioni indubbiamente autentiche, come per esempio la Labouré per le rivelazioni della Medaglia Miracolosa.
3) E’ suo avviso che tutta la documentazione, riguardante i fatti e la bambina, debba essere archiviata per l’avvenire.
4) Le indagini da esperirsi, invece, – sostiene – debbono ora rivolgersi esclusivamente al complesso, presumibilmente miracoloso, collegato con i fatti di Ghiaie (guarigioni, fenomeni solari, e così via) intorno al quale si deve fare l’esame scientifico e canonico in modo semplice e lineare dall’attuale Tribunale, ritenendo egli – sempre mons. Della Cioppa – che l’attuale organizzazione delle indagini sia troppo complicata e superflua.
5) Basterà, per esempio che tra le guarigioni si riscontri qualche caso od anche uno solo veramente miracoloso, per ritenere che effettivamente nel Maggio 1944 a Ghiaie è avvenuta una manifestazione di ordine e carattere soprannaturale, senza che vi sia la necessità né l’urgenza di precisarne i termini e la portata. Il tempo dirà tutto.
6) I fatti eventuali miracolosi – insiste ancora mons. Della Coppa – potranno essere pubblicati nei loro termini precisi sopra un Bollettino, allo scopo di incoraggiare la devozione alla Madonna, senza fare pronunciamenti ufficiali. Contemporaneamente, si dovranno tacitamente lasciar cadere le disposizioni proibitive circa le manifestazioni di devozione sul luogo delle apparizioni, lasciando, sotto opportuna vigilanza, libero campo alla pietà del popolo e collocando nella Cappella ivi eretta, una immagine della Madonna, che potrebbe essere quella del Galizzi. Il resto – sottolinea mons. Della Coppa – lo farà la Madonna stessa.
7) Concludendo: il parere di questo monsignore esperto è che si sospenda subito ogni attività circa l’esame dei fatti e della bambina, mettendosi invece subito al lavoro per l’esame del complesso miracoloso come si è detto sopra. Ritiene che sia doveroso far tacere addirittura qualsiasi oppositore autorevole delle Apparizioni.”

LOMBARDONI – Inutile dire che questi consigli furono disattesi dal Tribunale nella forma più completa, ritenendosi anzi, addirittura offeso!!!
In questa seduta accade un altro fatto sconcertante: nuovamente interrogata, suor Bernardetta dell’Immacolata ribalta completamente il giudizio su Adelaide espresso nell’interrogatorio di pochi giorni prima. E per la prima volta Suor Bernardetta parla di Adelaide come di una vittima di un possibile influsso demoniaco. Confessa, altresì, di dubitare delle Apparizioni e chiede ai giudici consigli sul come comportarsi con la bambina. Questa sua deposizione verrà poi fatta sottoscrivere.

MONTONATI – beh, anche poi strano. Lei Padre Tentori cosa ne dice?

PADRE TENTORI - In questa seduta, inspiegabilmente, non è ancora presente mons. Bramini, il quale avrebbe potuto contestare il disappunto dei giudici perché, come difensore delle Apparizioni, poteva avvalersi di esperti in materia come fece con mons. Della Cioppa. In effetti, mons. Bramini era stato autorizzato, da tempo, dal vescovo, a scegliersi tutti i collaboratori che credeva.
Infatti il 14 marzo 1946, mons. Bramini scriveva al curato di Ghiaie don Duci, suo collaboratore: “Io sono autorizzato dall’ecc.mo vescovo a scegliermi tutti i collaboratori che credo”.
Ma torniamo a suor Bernardetta. Dopo essersi espressa negativamente nei confronti di Adelaide, alcuni giorni dopo la testimonianza, consegnerà una sconcertante relazione di dura condanna nei riguardi di Adelaide stessa, insinuando così il sospetto di una pressione dei giudici su di lei e preparando così gli elementi per eseguire un esorcismo sulla bambina sospettata di stregoneria.
Infatti, in seguito, Adelaide fu condotta in gran segreto a Courmayeur e sottoposta, suo malgrado, ad un terribile e drammatico esorcismo eseguito a Notre Dame de la Guérison.

MONTONATI – Siamo giunti alla seconda parte di questa quarta seduta del tribunale. E anche in questa occasione, allora, Adelaide Roncalli non è assistita dal difensore, mons. Bramini. Allora, interrogata, la bambina conferma di non aver visto la Madonna ed esprime dei dubbi sulla seconda lettera scritta a Ghiaie per il Vescovo. Incredibile, ma vero, le viene letta la sua deposizione e la si fa firmare. E la si fa firmare!

LOMBARDONI – A parte le irregolarità procedurali, come quella di non riportare alcuna data in questa seduta, sul verbale, la bambina viene di nuovo interrogata nonostante l’assenza del postulatore e avvocato mons. Angelo Bramini. Questa deposizione che alla fine viene fatta leggere alla bambina e fatta firmare, e quindi è una deposizione nulla a tutti gli effetti per la violazione del Canone 1648 del Codice di Diritto Canonico.
E poi, perché l’insistenza sulla negazione? E’ lapalissiano: Adelaide voleva uscire da quell’incubo. Impaurita, minacciata di non rivedere la sua famiglia, terrorizzata dal fuoco dell’inferno e dallo spettro dei demoni, venne afflitta da continui sensi di colpa che le furono inculcati nella mente da don Cortesi che utilizzò ogni mezzo, anche illecito, effettuando esperimenti disonesti e sacrileghi sulla povera bambina come da lui stesso ammesso nel suo libro.
Va ricordato che don Cortesi era amico del prof. Cazzamalli, esperto occultista. Purtroppo in Curia accreditarono le tesi del prof Cazzamalli per contrastare e denigrare quelle favorevoli di Padre Gemelli.
Quindi, si può tranquillamente affermare che alla base di tutte le negazioni di Adelaide vi è appunto il desiderio della bambina di tornare ad essere libera e una creatura come tutte le altre.
Questa, secondo me, è la chiave di lettura delle negazioni di Adelaide!
Infatti, il 22 agosto 1948, scriverà all’Abate di S. Ambrogio Padre Bernasconi: “Io la prima volta dissi di non aver visto la Madonna perché fui comandata dal reverendo don Cortesi. Invece altre volte lo dissi perché non mi piaceva stare in collegio e volevo andare a casa con mia mamma, poi perché volevo essere anch’io una bimba come le altre…”

MONTONATI – Una bimba come tutte le altre. Adesso siamo nella terza parte di questa quarta fase del processo, cioè questo confronto fra Adelaide e don Cortesi. Le parole del verbale.

PADRE TENTORI – Don Cortesi entra in aula, saluta cordialmente la bambina e giura di dire la verità.
Il giudice chiede ad Adelaide se la lettera del Vescovo l'avesse scritta perché glielo aveva detto Don Cortesi. Lei risponde: "Perché l'ho voluto io".
Interviene don Cortesi spiegando che, in effetti, fu lui a pregare la bambina di scrivere il segreto al Vescovo. "Cosa che lei fece e in busta chiusa io l'ho consegnata con altri documenti" - afferma sempre don Cortesi.
E passa a spiegare la "genesi" della lettera di negazione del 15 settembre 1945. Secondo Cortesi fu la stessa bambina che aveva a poco a poco sconfessato tutto a distanza di tempo, fino a giungere ad una sconfessione cumulativa verso la fine di luglio a Ranzanico. (Spiegheremo poi il perché di questa precisazione locale).
"Allora – ecco le esatte parole di don Cortesi – perché la faccenda – scrive lui, o meglio dice lui al processo – perché la faccenda non pesasse più sulla sua psicologia, le ho detto che scrivesse un biglietto in cui esprimesse il suo pensiero sulle apparizioni e non ne avremmo parlato più. E ho aggiunto che per scontare la marachella, avesse a dire ogni giorno un'Ave Maria. Sono perplesso sulla opportunità del suggerimento, ma l'ho esortata a ciò per ragioni di educazione morale".

Infine, don Cortesi afferma di essersi limitato ad assistere Adelaide mentre scriveva, al come scriveva correttamente le parole in italiano.
Di nuovo mons. Merati chiede ad Adelaide se la "lettera di negazione" l'avesse scritta per far piacere a don Cortesi o perché conteneva la verità. La bambina risponde:"Perché era la verità":
Dopo di che mons. Cavadini le chiede: "E perché dicevi anche a don Cortesi tante bugie?": Lei risponde: "Le dicevo spontaneamente":
Sembra di poter dedurre che il confronto sia durato un'ora circa.

Che possiamo dire di questa cronaca di quella seduta. Non si riesce proprio a comprendere come si sia giunti ad organizzare questo confronto tra la piccola Adelaide con don Cortesi, suo inquisitore e, diciamo pure, tormentatore.
Come si è potuto pensare che Adelaide potesse dire la verità di fronte a colui che l'aveva ingannata e minacciata? E' questa una delle fasi più assurde e incredibili del processo che non riusciremo mai a comprendere o a giustificare in nessuna maniera.
Adelaide è ormai sfibrata nel corpo e nello spirito dopo tre anni di sballottamenti in conventi di suore, lontana dalla famiglia, tra maltrattamenti fisici e umiliazioni, con l'anima sconvolta da terrori spaventosi inoculati dal suo stesso inquisitore e dalle suore anche.
E quello che è peggio, è che è privata ancora una volta del suo difensore mons. Bramini.
Non ci si può allora non chiedere, come mai non ci fosse ogni qualvolta – mons. Bramini – ogni qualvolta veniva interrogata la bambina e come mai si procedesse anche in sua assenza. Non si può non sospettare che il tutto fosse architettato per incastrare, in un modo o nell'altro, Adelaide. Ma questo ci ripugna troppo. Speriamo non sia stato deliberatamente voluto.

Ci chiediamo anche perché i giudici non tennero conto della lettera che Padre Gemelli, esperto a cui era ricorso mons. Adriano Bernareggi, Vescovo di Bergamo, la quale denunciava la totale incompetenza di don Cortesi e la sua condotta pericolosamente avventurosa.
Dai termini usati nel descrivere la cosiddetta "genesi" della ritrattazione di Adelaide, don Cortesi rivela ancora una volta chi sia per lui, quella bambina che gli sta di fronte e cioè, sono le sue parole: "...un nodo di vipere, uno scrigno chiuso custodito da sette draghi" scrigno di cui lui vuole vantarsi di essere riuscito a scardinare per "rinverginare" la bambina.

Che poi fossero "imbeccate" le risposte di Adelaide, appare chiaro anche dall'ultima parola della sua risposta: "Le dicevo spontaneamente".
Da quando in qua, ci si chiede, una bambina di dieci anni di quel tempo e cultura e lingua bergamasca avrebbe usato una parola del genere?Ma si rendeva conto del significato?.
Conoscendo i retroscena ci rendiamo conto che la deposizione di don Cortesi davanti ai giudici, fatta sotto giuramento di dire la verità, si riveli falsa e quindi spergiura. C'è addirittura un richiamo ad una circostanza che rasenta l'impudenza, quando dice che la "confessione cumulativa avvenne a Ranzanico, verso la fine di luglio".
Non ci resta che andare a leggere ciò che don Cortesi stesso descrive nel suo libro, quel libro che i giudici hanno sottomano, dove si leggono espressioni di questo tipo: " Siamo bucolicamente sdraiati (lui e Adelaide) nel praticello in faccia al lago sottostante che si trastulla silenziosamente con la luna e con le stelle. La conversazione sfarfalleggia da un argomento all'altro. Ma mi è facile condurla al momento buono dove voglio. La fermo sulle paure del buio...".
Questa è una delle tante espressioni. Non sapremmo come definire queste espressioni: se romantiche oppure patologiche. Lasciamo agli ascoltatori trarre le conclusioni.
Conclusioni che i giudici non trassero neppure dopo aver letto o essere venuti a conoscenza di come don Cortesi sottoponesse Adelaide a lunghi interrogatori in qualsiasi ora del giorno, anche a sera avanzata. E quali esperimenti esercitasse su di lei che egli stesso definisce "sacrileghi" e come cercasse di sedurla con regali, coccole, abbracci e baci, fotografie della bimba attillata come se fosse una diva del cinema...
Ci si chiede ancora, una ennesima volta: quale valore e quale senso possa avere un tale processo che dimostra di avere già emesso il suo giudizio ancora prima di cominciarlo.

MONTONATI – E qui siamo oramai alla quinta seduta. Prima però mi viene una domanda brevissima, una domanda a padre Tentori, me la sento fare da diversa gente: “Questo don Cortesi, che incarico ufficiale aveva in tutta questa vicenda? Mi sembra che sia il protagonista. Il vescovo gli aveva dato qualche incarico, qualche cosa?

TENTORI – No, il vescovo non gli aveva dato nessun incarico, e lui è entrato in questi avvenimenti e in tutta la faccenda, volutamente da se, senza nessuna autorizzazione. Lo dirà lui stesso chiedendo quasi venia.

MONTONATI – Allora siamo alla quinta seduta, quella del 9 giugno 1947. Lì viene interrogato Don Cesare Vitali che è il Parroco di Ghiaie. Va precisato che, ancora una volta, non sono state verbalizzate le domande ma solo le risposte del sacerdote. Uno strano processo questo qui. All’udienza sono presenti solo tre giudici e ovviamente non c’è mons. Bramini. Neanche questa volta.

PADRE TENTORI - Sì. Il buon Parroco si dice convinto di quanto ha sempre detto Adelaide, e cioè di “aver visto la Madonna” e sostiene che il biglietto di ritrattazione la bambina l’aveva scritto sotto dettatura di don Cortesi.
Don Vitali esprime inoltre la convinzione di non credere Adelaide capace di affermare una bugia così grossa. Di fronte alla contestazione fattagli da mons. Merati di non credere che don Cortesi abbia obbligato la bambina a ritrattare, Don Vitali risponde: ”Don Cortesi si è comportato molto male. Ha sempre interrogato delle donnette: mai delle persone serie. Io credo che don Cortesi, in un secondo tempo, abbia subito l’influenza dei miei colleghi vicini che erano contrari. E – aggiunge sempre Don Vitali – se si decidesse che non è vero nulla, io sono disposto a venire via dalla Parrocchia”. Ma Don Vitali disse anche quanto segue: ”Io, i primi giorni delle Apparizioni, sono stato scetticissimo. Poi ho visto le prime grazie e le guarigioni. E allora, ho cominciato a essere fiducioso".

Durante il giorno ci sono migliaia di persone che pregano alla Cappella. Si darebbe una pessima impressione – concluse Don Vitali – se si togliessero gli ex-voto, se si spegnessero le luci, se si togliessero i segni speciali di devozione sul luogo delle Apparizioni.”


MONTONATI – Passiamo adesso alla sesta ed ultima seduta del tribunale. Questa volta vengono interrogati Don Italo Duci, curato coadiutore di Ghiaie, la cugina di Adelaide, Annunziata Roncalli, Suor Celestina Algeri dell’asilo di Ghiaie. La seduta si svolge nella casa del Parroco del piccolo borgo di Ghiaie. Sarebbero presenti solo tre giudici del tribunale e anche qui di mons. Bramini non c’è menzione. Prof. Lombardoni?

LOMBARDONI – Don Duci conferma, in questa seduta, di essere stato scelto da mons. Bramini quale suo collaboratore e ricorda che i Sacerdoti presenti all’interrogatorio di Adelaide Roncalli avvenuto nel luglio 1946, rimasero bene impressionati perché la bambina aveva confermato di avere visto la Madonna. Don Vitali rivela, inoltre, che avendo letto i volumi di don Cortesi, allorché questi parla della lettera di negazione, pensò che bisognava crederci perché lui aveva avuto in mano la bambina. Ma confessa di essere rimasto impressionato dagli interrogatori di don Cortesi poiché pensa che costui abbia quasi influenzato la bambina e l’abbia suggestionata.
Da Don Duci si ha pure la conferma che Adelaide ha scritto personalmente la seconda lettera in cui riafferma di aver visto la Madonna. Scrisse da sola: “E’ vero che ho visto la Madonna” e poi mostrò la lettera a don Duci. Allora il curato le disse: ”Bisogna dire anche perché prima hai detto che non era vero”. Allora Adelaide scrisse ancora da sola, “Ho scritto che non è vero perché me lo ha dettato don Cortesi, ed io, per ubbidire, avevo scritto così”.

Nelle interrogazioni successive, le due ultime interrogazioni, la cugina di Adelaide Annunziata Roncalli e Suor Celestina Algeri, confermano quanto dichiarato e deposto da Don Italo Duci e qual è stato l’influsso del Cortesi sulla coscienza e la psiche della bambina.

RINIERI – Il processo cominciato il 21 maggio del 1947, si conclude così, molto frettolosamente, il 10 giugno 1947. Il Tribunale Ecclesiastico se ne guardò bene dal procedere ad analisi peritali, non esaminò le 13 apparizioni e i fatti ad esse collegati ad esse; non convocò, né interrogò i tanti miracolati e se ne guardò bene d’indagare sui 6 grandi fenomeni solari osservati da centinaia di migliaia di persone e non solo in Lombardia. Non ascoltò mai le tesi della difesa ed escluse mons. Bramini dal dibattimento. Non si chiese minimamente con quale percentuale di credibilità e di attendibilità era da classificare e da recepire tutta l'opera su Ghiaie di Don Luigi Cortesi, opera che avrebbe dovuto essere dichiarata nulla per vizio di forma perché Don Cortesi emise delle disquisizioni di natura medico-psichiatrica, con sentenze personali di diagnostica clinica senza averne i titoli accademici necessari. Risulta che in quel periodo don Cortesi fosse laureato solo in Filosofia, non aveva conseguito nessun dottorato in medicina e chirurgia, in psichiatria o in psicologia, e non era neanche abilitato e tanto meno specializzato in queste materie.

MONTONATI – Allora vediamo che cosa avvenne nei giorni successivi? prof Lombardoni, ci fu qualche decreto in proposito?

LOMBARDONI – Il 12 giugno 1947, il Tribunale decise di ritenere esaurito il suo compito, dopo solo 6 sedute, senza aver mai ascoltato la difesa, e di rimettere gli atti dell’istruttoria alla Commissione Vescovile. Non si capisce come fece il Tribunale a preparare quel giorno 12 tutto l’incartamento, a verbalizzare le sue conclusione e a passarle lo stesso giorno (o la stessa notte) alla Commissione che avrebbe dovuto riunirsi con regolare convocazione per esaminare il tutto, trarre le sue conclusioni e trasmetterle al Vescovo per l’esame finale. E quindi non si capisce anche come fece il Vescovo mons. Bernareggi ad esaminare tutto l’imponente dossier di Ghiaie e ad emettere il 13 giugno, giorno successivo alla chiusura dei lavori del Tribunale, il decreto di spoliazione della Cappella. Ma… tutto era stato deciso prima perché come si leggerà nel verbale dell’ultima seduta, a dibattito ancora aperto, pensate aperto il 9 giugno, giorno d’interrogatorio di don Cesare Vitali, il cancelliere aveva già ottenuto l’autorizzazione orale del vescovo ad attuare in pieno il decreto che proibiva, sul luogo, ogni atto di culto e gli aveva strappato la promessa di un decreto immediato per la spogliazione della cappella, a dibattito non ancora finito.

Ma le sorprese non finiscono qui! Il 14 giugno, quindi due giorni dopo la chiusura di tutti lavori del Tribunale, e un giorno dopo il decreto della spoliazione della Cappella, il notaio del Tribunale, mons. Magoni, commise una gravissima irregolarità: “Dimenticando” che il Tribunale aveva già esaurito il suo compito, il notaio scrisse quel giorno, il 14 giugno, al difensore mons. Bramini e scrisse che “Il Tribunale era ancora in attesa dei documenti richiesti”. Come, se il Tribunale aveva chiuso i suoi lavori il 12! Una vera presa in giro per la difesa!


MONTONATI – Chiaro! Prof Lombardoni, un’altra domanda. Perché ci fu tanta fretta del chiudere questo capitolo?

LOMBARDONI - La fretta del Tribunale, della Commissione, del Vescovo di chiudere “l’Affare Ghiaie”, fanno pensare che si volesse soltanto salvare le apparenze, per dare una vernice di legalità a decisioni che, secondo me, erano maturate molto tempo prima. Tutta quella fretta dimostra senza ombra di dubbio la predeterminazione di demolire le Apparizioni di Ghiaie e di cancellarne l’autenticità.
Il 19 giugno 1947, mons. Bramini di Lodi, difensore delle apparizioni, constatate tutte le gravissime illegalità commesse, decise di inviare al Card. Fumasoni-Biondi, della Sacra Congregazione “de propaganda fide”, una lettera di denuncia con preghiera di inoltrarla al Tribunale del Santo Ufficio presso il quale era depositata buona parte del materiale relativo alle apparizioni. In seguito, per quei gravi motivi, il 10 novembre 1947, mons. Bramini decise alla fine di dimettersi dalla sua carica di difensore delle Apparizioni.

MONTONATI – Beh, allora penso che a questo punto sia opportuno conoscere, almeno in breve, il punto di vista del difensore delle Apparizioni, appunto questo mons. Angelo Bramini. Se non erro, lui inviò una lunga relazione alla Commissione vescovile, alcuni mesi prima del processo? L’aveva già fatto questo. Questa relazione è ricordata più volte nel libro “Adelaide, speranza e perdono” di Arnaboldi Riva al quale chiediamo di ricordarci qualche passo di quest’importante documento.

ARNABOLDI RIVA – La relazione Bramini è il documento più importante della mia ricostruzione del Processo contro Adelaide. Fin dalle prime pagine, del documento Bramini, sono evidentissime le denuncie di gravi irregolarità sottolineate con forza dal difensore nei riguardi del comportamento di don Cortesi. io ne leggerò alcuni stralci significativi, non sono parole mie ma quelle che pronuncerò sono parole di mons. Bramini, il difensore delle apparizioni:

“Nessuna autorità – sostiene mons. Bramini – nessuna autorità non avrebbe mai potuto approvare tutto quello che egli ha fatto nei riguardi della bambina Roncalli, quando la sottoponeva a lunghi interrogatori e ad esperimenti non sempre commendevoli, a prove di assai discutibile saggezza, prudenza, e pedagogia, quando la coccolava, la abbracciava e baciava e si lasciava da lei baciare, quando la cumulava di regali anche vistosissimi, quando la visitava ad ogni ora del giorno e della sera avanzata, quando la fotografava e faceva fotografare in tutte le pose e in tutte le fogge di vestire, come fosse una diva del cinema… quando la faceva visitare da questo o da quello, nonostante la disposizione dell’isolamento…

L’opera del Cortesi – prosegue ancora mons. Bramini, ripeto sono parole del difensore delle apparizioni – l’opera di don Cortesi fu un misto di atti illeciti e di atti illegittimi, gli uni e gli altri perfettamente privi di ogni valore giuridico… La quasi totalità delle testimonianze concorda nel ritenere che il Cortesi era inidoneo all’opera assuntasi, non solo per la sua troppo giovane età, ma anche per la mancanza di quella serietà, prudenza, ponderazione, distinta pietà, che si richiedono per lavori del genere; per la mancanza di coerenza, di stabilità, che in un primo tempo fece di lui un assertore affrettato ed entusiasta dell’autenticità dei fatti, e in un secondo, immediatamente successivo al primo, ne fece un assertore deciso e cinico della negazione di essa, un propagandista feroce della presunta menzogna della bimba Roncalli, un demolitore accanito della pietà dei pellegrini da lui pubblicamente affrontati sul luogo delle apparizioni con tanta acredine da dichiarare pazzo chiunque credesse ancora alla realtà delle apparizioni di Ghiaie…

Molte testimonianze accusano il Cortesi di poca sincerità – è ancora mons. Bramini che scrive – asserendo che egli ha presso molti negato ciò che poi ha affermato nei suoi scritti, come il trattamento di eccessiva dimestichezza usato con la bambina e il fatto di averne ascoltato talvolta la confessione. E concludono: “Come si può prestar fede ad un uomo che non si rivela sincero?

Altre – altre testimonianze – lo accusano, oltre che di imprudenza anche di scorrettezza per avere egli divulgato le sue relazioni stampate che dovevano invece rimanere segrete, e ciò – dicono – con scandalo dei buoni, con gioia dei malvagi, e con detrimento del prestigio della Commissione Ecclesiastica e del suo futuro verdetto, qualunque esso potesse essere.

Si denunciano ancora a suo carico i sistemi da lui seguiti nel raccogliere le testimonianze. Egli non assumeva e non volle mai assumere, nonostante i ripetuti inviti, le sue informazioni dai membri della commissione di vigilanza locale, ma andava a raccoglierle da donniciuole, da ragazzi e da ragazze, da testi di cui ignorava l’attendibilità o meno; che le assumeva quasi dimostrando di barattarle con regali di vestiti, di sigarette e di altro genere…

Ci sono sacerdoti e laici che dichiarano di non aver voluto dare al Cortesi neppure una riga intorno ai fatti e su cose di cui erano testimoni diretti, perché non ritenevano meritevoli di fiducia i sistemi che vedevano seguiti da lui nel raccogliere le testimonianze. Altri gli rimproverano di aver raccolto testimonianze che gli venivano offerte. È comunque provato che egli non si curò mai, nonostante ripetuti inviti, di ritirare dal parroco Vitali un incarto, nel quale figuravano dati diversi di guarigioni segnalate, che poi la commissione medica dichiarò negative unicamente perché prive di dati sufficienti. Altri avanzano dubbi seri che egli abbia tenuto conto di documenti vari, dei quali non appare cenno nella sua storia.

Quasi tutte le testimonianze rimproverano al Cortesi di aver sempre agito da solo e senza controllo di alcuno … – sono ancora parole di mons. Bramini –risulta del resto che anche con la bambina Roncalli egli trattò sempre da solo, sia quando la interrogava, sia quando pargoleggiava con lei, sia quando ella affermava la realtà delle apparizioni, sia quando la negava. Così che – dice ancora mons. Bramini – così che è lui solo che riferisce quanto ella ha detto prima e quanto ha detto poi. Egli è solo a garantire l’autenticità, la spontaneità, la libertà della pseudoritrattazione della bimba.

Molti lo accusano di aver lasciato avvicinare la bambina solamente da chi pareva e piaceva a lui, e di aver impedito ad altri che a lui non garbavano di avvicinarla.

Tutti – scrive ancora mons. Bramini – sono unanimi nel deplorare la sua dimestichezza e famigliarità nel trattare la bimba, la sua ingiustificabile sconsigliatezza nell’averne ascoltato le confessioni, la sua inesauribile larghezza nel farle regali anche vistosi. Molti gli rimproverano intenzioni di fare sulla bambina esperimenti delicati che non erano onesti...

– Non sono parole mie, sono parole del difensore mons. Bramini che continua ancora – Molti ancora rimproverano a Don Cortesi di aver monopolizzato tutto ciò che si riferiva ai fatti di Ghiaie, senza che nessuno potesse avere da lui notizie di sorta, attribuendo poi a questo suo modo di fare dei secondi fini.

Concludendo – sottolinea con forma il difensore mons. Bramini – s’impone una domanda: dopo tutto questo non si ha il diritto e anche il dovere di limitare la fiducia all’opera del Cortesi ed anche di sollevare intorno ad essa l’eccezione di sospetto?”

Questa - questo sono io che parla - questa è solo una parte di quanto mons. Bramini scrisse alla commissione nel febbraio del 1947 e spero che basti per comprendere i gravissimi illeciti operati nei confronti di Adelaide e delle apparizioni.

MONTONATI – Beh, non c’è dubbio che c’è materia per discutere, per dubitare. comunque, nel corso degli anni ci furono poi altri interventi particolari? Ricorsi, petizioni, supplementi d’inchiesta? Prof Lombardoni…

LOMBARDONI – Vennero presentati esposti e ricorsi, ma non vennero mai tenuti in considerazione e furono archiviati sia a Bergamo, sia a Milano sia in Vaticano, perché era inopportuno, anche di fronte a prove schiaccianti di irregolarità commesse, di riaprire il caso. Ne cito alcuni: l’esposto di mons. Bramini al Santo Ufficio; l’istanza dell’Associazione di ricerche storiche di Bonate ’44; il ricorso del dott. Oliviero Gulot dell’11/11/88 e altri …

Nel 1978, mons. Chiodi fu incaricato per un’indagine segreta suppletiva che purtroppo si risolse in un “nulla di nuovo” (e si noti bene che mons. Chiodi, nel 1960, aveva già sconsigliato a suo tempo Papa Giovanni di riaprire il caso). Possible che mons. Chiodi, esperto in materia, che aveva in mano tutta la documentazione, non abbia riscontrato nessun tipo d’irregolarità nelle carte processuali e nel voluminoso incartamento sui Fatti del 1944 da lui studiato? In realtà non volle vedere, perché come ha affermato in una lettera del 09 marzo 1981, disse: “sarebbe iniquo pensare che, nel circolo delle autorità allora e oggi interessate all’argomento, e tra le persone incaricate, anche una sola abbia agito contro la verità, di proposito, don Cortesi compreso”.
Pare impossibile che mons. Chiodi, non abbia notato le irregolarità commesse dai giudici del Tribunale quando fecero giurare ed interrogarono, senza nessun difensore, una bambina di 10 anni. Pare impossibile che mons. Chiodi non abbia rilevato nel dossier prove delle violenze fisiche e psicologiche subite dalla bambina e non abbia notato le denunzie scritte di mons. Bramini e di padre Gemelli contro don Cortesi per le sue particolari attenzioni verso la piccola Adelaide… Possibile che non vi sia traccia, nell’incartamento, consultato da mons. Chiodi, della vergognosa visita alle “pudende” [visita alla parte intima] che Adelaide ha dovuto subire, il 5 luglio 1944, in presenza di Don Cortesi…
“Tutto è a posto”, è purtroppo la risposta che si sente sempre, anche oggi.

MONTONATI – Dunque quel tutto a posto ci lascia appunto seri dubbi. Alla pagina 230 del libro di don Cortesi, io leggo: “Il problema delle apparizioni di Ghiaie” questo è il titolo del libro che era in mano ai giudice, leggo questa conclusione:
“L'episodio si chiude PER SEMPRE, come uno dei più luttuosi che la storia umana registri”. beh, insomma, come giudizio mi pare di aver capito, di aver sentito anche episodi più luttuosi, Auschwitz, per esempio! Tanto per buttarla lì! Allora, padre Tentori, è proprio così? A lei la chiusura.

PADRE TENTORI
Sì, anch’io ho sotto mano quella pagina. “L’episodio – dice – si chiude per sempre, come uno dei più luttuosi…” e prima dice:
“La brillante costellazione, sbocciata nel nostro cielo di maggio, s’è spenta nella tenebra del vuoto.” E più sotto dice: “La conclusione dell’aspra indagine di 15 mesi è tragicamente negativa. Una sottile malinconia… No, non voglio piangere: un risultato negativo è pur sempre una preziosa conquista positiva che paga la spesa si un lungo studio; la verità più triste mi è più soave del sogno più bello”.
Continua don Cortesi nel suo libro:
“Tutto è finito. In quell’angolo solitario delle Ghiaie, ove l’umanità fu beffata, rifiorirà selvaggiamente la vecchia siepe di nocciuolo, di sambuco, di biancospino; l’immensa solitudine, ricuperato il suo impero continuerà a mescere il suo lieve sussurro col cinguettio degli uccelli e collo scrosciar del fiume. Sotto il rigurgito delle memorie, quella siepe, gli alberi, le margherite e l’erbe, negli annuali ritorni del maggio odoroso, trasaliranno e, nei fraterni colloqui notturni con le stelle, narreranno l’antica fiaba meravigliosa e malinconica di una dolce primavera di speranze, strinata dal gelo prima di fiorire, di una povera bimba settenne, tradita dal cupo genio del male. E le stelle pie, su quella terra solitaria, verseranno una lacrima.”
Beh, noi non siamo così pessimisti, noi invece diciamo che non è tutto finito, anzi che nulla è finito. E abbiamo voluto questa sera presentare uno dei motivi per cui tante persone dicono di non credere alle apparizioni di Ghiaie perché la bambina stessa ha più volte detto che ha mentito. Abbiamo spiegato perché ha mentito, come ha mentito, e come in fondo in fondo non poteva fare a meno di mentire. Se andiamo ad altre apparizioni, ad esempio a Fatima, noi vediamo che sono in tre. Eppure Lucia stessa era disposta a negare tutto perché a un certo momento non ne poteva più. Fu Giacinta e Francesco che la incoraggiarono a sostenere la verità a qualsiasi costo. A Ghiaie di Bonate, Adelaide è sola. Questa bambina di sette anni è tormentata come abbiamo sentito in parte da quelle persone che invece avrebbero dovuto incoraggiarla, seguirla, indirizzarla e sostenerla.

Vogliamo quindi concludere con questo pensiero: veramente se la Madonna è Regina della famiglia, non è il caso allora di ritornare a pregarla, di ritornare a credere nel dono che Ella ci ha fatto di apparire, e se per caso ci fosse la paura di sbagliarsi, valga ancora l’esperienza che fece il vescovo di Harlem in Olanda, il quale appunto dopo che i vescovi precedenti avevano negato l’autenticità di quella apparizione, egli ci ritornò sopra, non solo l’approvò ma per mettere il cuore in pace di molti che dubitavano ancora, disse stacchiamo pure l’autenticità dei fatti e riteniamo la Madonna come allora si era presentata Regina delle nazioni, e accogliamone il messaggio. Questo, dice, si può sempre fare, indipendente o meno dall’autenticità delle apparizioni.

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Nel poco tempo che rimane, si da corso alle telefonate.

1° TELEFONATA
Pronto? Buonasera sono Dario Gritti di Bergamo. Guardi io sono proprio venuto via appena appena dalla Madonina delle Ghiaie. Allora, mio papa e mia mamma, che hanno 14 anni di differenza erano presenti all’apparizione delle Ghiaie. Mia mamma ha la stessa età di Adelaide. Allora tutti e due hanno assistito prima di tutto al fenomeno del sole (che è stato quello che si manifestava, e che da tutta Bergamo si vedeva) ed erano presenti all’apparizione. Seconda cosa, io posso testimoniare che tutti i giorni, che tutte le notti – io faccio l’artista e vado alle ore più svariate del giorno – alla Madonna delle Ghiaie c’è sempre gente che prega e prega con fiducia. L’unica cosa che vorrei dire che, forse, non era Adelaide che aveva bisogno dell’esorcismo ma era quel sacerdote che era posseduto dal diavolo per smentire la Madonna. E un’altra cosa se posso, io ho provato a parlare con il Vescovo di Bergamo e non ha voluto sentirmi anche se io gli ho detto che per cortesia vada davanti al Santissimo e si faccia ispirare, perché la Madonna delle Ghiaie è apparsa. Ripeto il mio nome, perché non mi nascondo, mi chiamo Dario Gritti di Bergamo e dico a tutti i fedeli, fidatevi della Madonna perché la Madonna esiste come purtroppo esiste quell’altro. Quindi preghiamo la Madonna perché ci dia una mano.

PADRE TENTORI – Va bene. Questo, appunto, ci rincuora il fatto che la gente continui ad andare a pregare e quindi la speranza per il superamento delle crisi a cui la famiglia va incontro oggi. E speriamo tanto che queste cose servano a chiarire meglio e ad apporre gli avvenimenti nella loro verità, perché nella verità si trova l’amore, la devozione alla Madonna, e quindi anche il terreno per formare di nuovo delle sane famiglie di fede, di amore e di coraggio anche.


2° TELEFONATA
Pronto? Sì, Buonasera. Scusi un attimo… Abbasso un attimo la radio. Ecco pronto. Ecco io quest’estate, prima di partire per Colonia, ho avuto l’occasione – telefono da Bergamo – ho avuto l’occasione di parlare con il Vescovo e gli ho chiesto appunto se si poteva riaprire il caso di Ghiaie e lui però mi ha detto che ha tentato due volte, però poi non è andato in porto. Non ho capito bene, comunque ha detto che ha tentato due volte di riaprire questo caso. Però è risultato poi nullo, così. E poi io ho da fare una domanda: Non è che questo don Cortesi era un po’ pressato dal fascismo del tempo, dal nazi-fascismo che dominava in quel tempo lì e quindi è stato un po’ costretto. Una mia domanda un po’ così. Volevo sapere la vostra risposta.

PADRE TENTORI – Ma non mi sembra. Non mi sembra. Perché sì, abbiamo poi quel consiglio diciamo così del vescovo mons. Bernareggi ad Adelaide di dire alla Madonna di non apparire più, perché appunto aveva ricevuto anche minacce da parte dei Tedeschi che non garantivano più la sicurezza in caso appunto perché la gente era moltissima che andava, e c’erano appunto i bombardamenti e mitragliamenti. Ma non credo perché da tutto l’insieme, appare tutta una sua iniziativa, tutto una costruzione di un suo castello, misterioso a volte che non si riesce a capire. Alle volte, vedete, dalle frasi che abbiamo letto, non si sa appunto dove sentimentalmente vada a finire, si ritrae, poi si riprende, poi nega… è difficile capirlo fino in fondo ma non credo che qui c’entri il fascismo.

3° TELEFONATA
Pronto! Buonasera sono Marco. Vorrei fare due domande molto rapide. Prima volevo sapere se la veggente Adelaide, visto che mi sembra sia ancora vivente, abbia mai dichiarato delle cose riguardo successivamente il processo, e poi volevo sapere se in una tavola rotonda come quella di questa sera, come mai … o se non ha accettato … o come mai non sia stato invitato nessuno della Curia di Bergamo o il Vescovo stesso, magari per sentire anche l’opinione sua, ecco. E l’ultima cosa, volevo sapere se ci possono essere delle analogie, anche se fosse pochino fuori tema, questa apparizione e altre apparizioni lombarde tipo quella di Fontanella di Montichiari o di San Damiano in provincia di Piacenza. Grazie.

PADRE TENTORI
Sì. Quelle di Fontanella di Montichiari, il vescovo da prima piuttosto contrario, però è giunto ad una saggia conclusione, mandando un cappellano, un sacerdote fisso per aiutare la gente a pregare ecc., e quindi aldilà di una definitiva dichiarazione di autenticità o meno, ecco che lì la gente va, prega… e quindi ha concesso ad un sacerdote di assistere la gente alle confessioni e alla preghiera. Quanto poi quelli della Curia di Bergamo, al Vescovo, lo faremo, se accetteranno. Perché non è facile, credo capire anche perché l’archivio, su questo argomento è chiuso, cioè non è accessibile, come mai? E quindi come si fa ad invitare delle persone che chiudono l’archivio dei documenti. Quindi saremo più che lieti se accettassero di venire proprio qui a riaprire la cosa, a riaprire la questione e se si potesse giungere alla verità di cui nessuno deve aver paura. Saremmo più che contenti.
Terminiamo ora. Il sig. Montonati vorrebbe concludere con un ricordo personale riguardo a mons. Macchi.

MONTONATI – Mons. Macchi, il segretario particolare di Papa Paolo VI che io conosco da quando ero bambino – eravamo vicini di casa –. E’ stato lui che all’oratorio ci faceva il catechismo. Siamo sempre rimasti legatissimi. Io sono stato, credo, l’ultima persona che gli ha parlato prima che venisse ricoverato alla clinica Capitanio dove poi è morto dopo due o tre giorni. Ci dovevamo vedere il giovedì, lui è stato ricoverato appunto quel giorno lì. Mi telefona la sera prima e mi dice: Angelino – mi chiamava ancora così come quando ero piccolo all’oratorio – guarda che sto molto male, mi ricoverano ancora. Prega la Regina della famiglia. Era stato lui a far introdurre nelle litanie lauretane: Regina della famiglia, proprio perché credeva in questo messaggio. Ecco prendo questa raccomandazione che lui mi ha fatto; a casa nostra la Regina della famiglia si prega col Rosario, ma anche con questo titolo e quindi la metto come ricordo personale di questa degnissima personalità. E’ stato un grande segretario di un grande papa.

Ecco, quindi speriamo di poterci ritrovare presto per un’altra tavola rotonda, perché no, anche con chi ha qualcosa da dire che non la pensa come noi, ma ogni chiarimento per arrivare alla verità. Diciamo questo con il massimo rispetto per il vescovo di Bergamo, intendiamoci; non è nostra intenzione… abbiamo il massimo rispetto. Se si tratta di cercare e di arrivare a fare la carità della verità. Ecco questo che vogliamo arrivare. Agli ascoltatori ricordo che tutti i documenti relativi alla vicenda sono reperibili al sito www.madonnadelleghiaie.it.
Grazie. arrivederci, a risentirci.

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Ecco la trascrizione integrale della trasmissione, tale quale come è stata trasmessa.

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Allegato   Data inserimento:  31/05/2006