Autore:  Vari Data documento:  29/02/2004
Titolo:  Le gravi responsabilità di mons. Merati nella svestizione di Adelaide

 RIPROPONIAMO ALL'ATTENZIONE DEI LETTORI LA SEGUENTE SCHEDA SULLA DRAMMATICA SVESTIZIONE DI ADELAIDE

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LE GRAVI RESPONSABILITA’ DI MONS. MERATI NELLA SVESTIZIONE DI ADELAIDE

(Dall’articolo di G. Arnaboldi Riva)
Articolo pubblicato sui giornali “Bergamo Sette”, “Cronache dell’Isola”, il 07/06/2002

Vorrei fermare l’attenzione riguardante l’episodio della svestizione forzata di Adelaide e precisare che, nel ricordare l'opposizione di mons. Bernareggi alla sua vestizione come suora, la veggente di Ghiaie ignorava ovviamente le gravi difficoltà del Vescovo di Bergamo, pressato e condizionato da alcuni sacerdoti della Curia determinati a distruggere tutto. Questi sacerdoti infatti, trasferendo l'inquisizione di don Cortesi nelle stesse Istituzioni curiali, avevano processato illegalmente la piccola Adelaide per condizionare fortemente l'autorità episcopale, determinati ad annientare, oltre che le apparizioni, la volontà del vescovo e la stessa vocazione di Adelaide. La giovane, chiamata ad entrare fra le suore Sacramentine, ignorava inoltre che il Vescovo Bernareggi confidava in un cambio nella stessa curia e aveva deciso di prendere tempo. Per lui, purtroppo però, la morte giunse prima, attraverso una misteriosa malattia indecifrabile dagli stessi medici accorsi al suo capezzale. E si spense, impossibilitato dalla morte a riaprire tutta la questione delle apparizioni. Tuttavia le nuove condizioni, se da un lato impedivano, mancando il vescovo, una revisione del processo, permettevano però ad Adelaide di coronare il proprio sogno: diventare finalmente suora Sacramentina. Così, trasferita, da Bergamo a Lodi, poté essere vestita. Ma proprio quest’atto legittimo compiuto dal vescovo di Lodi, mons. Benedetti, suscitò l’ira e la contrarietà furiosa di alcuni sacerdoti della Curia di Bergamo che ricorsero addirittura a «Roma» dove, mostrando il libro di don Cortesi, si suppone andarono a raccontare allarmati che il vescovo di Lodi aveva vestito da suora una pericolosa indemoniata presentandola nell'orribile ritratto dipinto dal suo inquisitore, don Cortesi. E poco dopo, giunse a Lodi, da Bergamo, munito di un misterioso ed inquietante documento prodotto con l’inganno, mons. Merati, il presidente del Tribunale Ecclesiastico responsabile di aver condotto contro Adelaide un processo illegale, che arrogantemente pretese dal vescovo di Lodi l’immediata svestizione di Adelaide e la sua espulsione dal convento. Un atto arrogante nei confronti del vescovo di un'altra diocesi, un atto intimidatorio e tracotante che provocò una vera e propria tempesta nel convento e dentro Io stesso Ordine delle suore Sacramentine, molte delle quali si ribellarono a questa imposizione totalitaria chiedendo di essere allontanate e liberate da incarichi di responsabilità manifestando cosi apertamente la loro solidarietà con Adelaide. Sembra addirittura che per evitare un'opposizione ancor più decisa, la giovane veggente di Ghiaie sia stata chiusa in gabinetto la notte prima di essere espulsa dal convento e trasportata, di primo mattino, forzatamente a Roma, ridotta poi a fare la cameriera a Palazzo Salviatti, in un albergo tenuto dalle stesse suore Sacramentine senza nemmeno avvertire i suoi famigliari. Per comprendere quanto gravi siano state le intimidazioni da parte della Curia di Bergamo, desidero riferire una testimonianza assai inquietante, da me raccolta dalla viva voce di una religiosa, che riguarda suor Elisa Grisa, superiora delle suore Sacramentine, la quale, terrorizzata dalla minaccia di soppressione dell’Ordine, non resse all'angoscia, si chiuse in se stessa e, in poco tempo, mori di crepacuore».

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ADELAIDE ESTROMESSA DAL CONVENTO DI LODI

Dal Libro “Adelaide, speranza e perdono” di Giuseppe Arnaboldi Riva, Edizioni Villadiseriane
(Copyright, riproduzione vietata)

Il Vescovo più volte farà capire la propria intenzione di riaprire in ben altro modo tutta la questione delle apparizioni di Ghiaie. Dalla sentenza del Tribunale, Mons. Bernareggi deciderà di aspettare almeno dieci anni nella speranza di un radicale cambiamento in Curia, permettendo però, nel frattempo, ad Adelaide di entrare come novizia nel Convento delle suore Sacramentine. Come le ha indicato la Madonna durante la seconda apparizione, la piccola Adelaide, a quattordici anni salirà ancora a Bergamo dal Vescovo per chiedergli di poter entrare come postulante presso le suore Sacramentine, obbedendo dunque all’invito del Cielo. E il Vescovo concederà questa autorizzazione mostrando il suo favore verso la vocazione religiosa di Adelaide, oltre che la propria benevolenza verso di lei e verso le apparizioni di Ghiaie, consentendo ad Adelaide di vestire l’abito sacro e cominciare la sua nuova vita fra quelle suore, ad adorare, come sposa, il Signore presente nell’Eucaristia.
Felicissima per questa nuova e tanto agognata condizione, Adelaide confiderà la propria gioia a don Cesare: “Rev.mo Parroco, sabato per volere di Dio misi la mantellina. Sapesse quanta gioia provai in questi giorni nel sentirmi finalmente a posto! Come si prega bene davanti a Gesù Sacramentato e prego tanto anche per lei”. Ma, per quel “cerchio” bergamasco invece, quella figlia di un ubriacone, l’immagine della quale è stata ormai fissata come un marchio nei suoi tratti infernali, che la condanna per sempre, non può divenire la sposa di Cristo, e di nuovo verrà ingaggiato un altro pesantissimo contrasto verso l’autorità vescovile.

Approfittando anche di una grave e misteriosa malattia mortale che colpirà Mons. Bernareggi, il cerchio degli ecclesiastici nemici delle apparizioni faranno di tutto per espellerla di forza dal Convento delle suore Sacramentine di Lodi. Ci riusciranno però, solo dopo un duro confronto in cui verrà coinvolto lo stesso Vescovo di Lodi, favorevole ad Adelaide, e molte sue consorelle che si opporranno a quella decisione vissuta da loro come un sopruso.
Sfibrato e gettato in un gravissimo stato di sfinimento il Vescovo di Bergamo morirà. Il suo testamento, nel quale viene chiaramente espressa la propria volontà di sottoporre l’esame delle apparizioni di Ghiaie alle decisioni del Papa, sarà alterato. E al Vescovo di Lodi, improvvisamente, si presenterà il Canonico di Bergamo Mons. Merati a pretendere la svestizione di Adelaide.
Il Presidente del Tribunale Ecclesiastico che ha costretto illegalmente Adelaide alla confessione, dopo sette anni arriverà di gran carriera a Lodi, dal Vescovo Mons. Benedetti, per cacciare Adelaide.
Lo ricorderà lei stessa in una lettera che alcuni anni più tardi scriverà a papa Giovanni XXIII: “Quando il Vescovo di Bergamo Mons. Bernareggi morì, io ero a Lavagna nella Diocesi di Lodi. Mons. Benedetti allora permise che facessi la vestizione, ma poi venne là Mons. Merati, che in nome della Santa Sede, diceva, mi fece svestire e mi ordinò di uscire dal Convento”.

Un Canonico di Bergamo, dichiaratamente amico di don Cortesi e appartenente al cerchio degli ecclesiastici bergamaschi che hanno giudicato Adelaide, continuerà così, dopo molti anni l’opera di persecuzione nei confronti di Adelaide, arrivando ad intimare al Vescovo di un’altra Diocesi di procedere alla svestizione ed estromettere, da un altro convento, suor Adelaide Roncalli.

Adelaide, come il Vescovo, non reggerà a questa ennesima prova.
Abbandonata come la cappelletta di Ghiaie, spogliata di ogni segno sacro, impossibilitata ormai a testimoniare ancora la verità, cadrà in uno stato di grave depressione; ma rimarrà in vita grazie alla sua forte fibra.
Invece la Madre Superiora delle suore Sacramentine, suor Elisa Grisa, non si salverà: terrorizzata per le minacce gravissime di soppressione portate al proprio Ordine causate dalla presenza di Adelaide, non riuscirà a sopportare la paura, verrà ottenebrata nella mente, si chiuderà come prigioniera, e dopo pochi mesi morirà nell’angoscia.

Mons. Merati, con questo intervento dai contorni inquietanti, rivela la persistenza di una volontà demolitrice che va oltre don Cortesi, e mostra le dimensioni, più larghe, di un “cerchio” che, dopo aver giudicato la piccola Adelaide, farà terra bruciata attorno a lei, decretando lo smantellamento di quel luogo consacrato da tante apparizioni, guarigioni, Sante Messe, benedizioni, preghiere, confessioni, conversioni, comunioni, canti, luogo di grandi speranze. Per quel cerchio, il Torchio dei selvatici deve tornare alla propria natura originaria, all’eterno anonimato della sua storia, “anonimo irrilevante” da sempre : laggiù deve essere cancellata ogni traccia dei grandiosi avvenimenti perché nessuno possa credere che quella povertà sia stata visitata e preferita da Dio.

Tutto deve essere disperso dalla violenza dell’azione inquisitoria, e Adelaide ricacciata definitivamente là dove ha cominciato, giù in basso, come le conviene, data la sua condizione, il suo umile “cerchio”.

Adelaide, emblema dei “selvatici” deve essere ricordata per sempre come una grave minaccia e tutti devono accettare come necessarie le violenze inferte al suo corpo, al suo spirito, e alla sua famiglia, che da allora sarà adombrata con le stesse immagini ignobili.
Espulsa dal Convento, Adelaide sarà costretta ad andare a Roma a fare la cameriera; poi, continuamente rifiutata, per paura, dalle stesse suore Sacramentine dopo aver bussato più volte alla loro porta, si sposerà.
In un’altra Diocesi, però. Non certo a Bergamo che l’ha giudicata e condannata.

Questa volta tuttavia, nessuno interverrà sul Vescovo di questa Diocesi; nessuno scomoderà la Santa Sede: evidentemente il Matrimonio, che è un Sacramento della Chiesa Cattolica, per quel cerchio di ecclesiastici, tanto preoccupati per la minaccia portata da Adelaide alla purezza dell’ordine religioso, non deve essere difeso. Per loro, evidentemente, vale poco.
Come sacramento per la massa, il matrimonio, per loro, si adatta bene a quella donna che hanno dichiarato come maligna.

Nessuno infatti, ha mai smentito pubblicamente le affermazioni scritte da don Cortesi, rimaste perciò come giudizio della stessa Curia di Bergamo. Del resto a loro importa solo che Adelaide sia stata spogliata, per l’ennesima volta, e questa volta dell’abito sacro della sposa di Dio, e abbia rivestito i suoi rozzi panni di selvatica del Torchio, come le era già successo sette anni prima nell’asilo di Ghiaie.

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LA CONGREGAZIONE DELLE SUORE SACRAMENTINE RISCHIO’ DI SPACCARSI

Riassunto dell’intervista di Madre Alipia
(D.G.B. 1990)

1) Madre Alipia andò a prendere Adelaide a Ghiaie con il permesso dei genitori.
2) Ebbe il permesso del Vescovo perché mancava dell’età canonica.
3) Adelaide fu ammessa a pieni voti dal capitolo per la vestizione.
4) Appresa la notizia della vestizione, Mons. Merati (già Presidente del tribunale ecclesiastico che processò Adelaide) fece opposizione e fece pressioni perché fosse immediatamente svestita.
5) Le suore accettarono di obbedire, ma all’ordine di Mons. Merati, si presentò una divisione della congregazione delle sacramentine: metà delle suore dissero di s’ e metà si opposero all’ordine.
6) Per non creare una spaccatura tra le suore, suor Alipia cercò di convincere Adelaide per la svestizione.
7) Mons. Bramini, quando Adelaide era ormai su di età, la convinse di sposarsi perché lui stesso aveva tentato inutilmente di farla accogliere in altre congregazioni.

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L’INTERVENTO DI DUE SPOSINI FECE EMERGERE LA VERITA’ E SALVO' ADELAIDE

(Dall’articolo di Alberto Lombardoni, “Facciamo il punto”, parag. 40, pubblicato su Senapa n. 4,5,6, anno 2003)

Non solo Don Cortesi ma anche altri tramarono contro le Apparizioni di Ghiaie, come Mons. Merati che architettò il giallo della svestizione di Adelaide nel convento di Lodi.
Ci fu una congiura per far uscire Adelaide dal convento di Lodi ed impedire così l'avverarsi della seconda profezia. L'Ordine delle Sacramentine rischiò di spaccarsi in due perché molte suore si opposero al provvedimento. Alla fine, vinse la paura di ritorsioni e Adelaide fu costretta alla svestizione (Testimonianza di Madre Alipia). All'insaputa dei suoi famigliari e contro il suo volere, Adelaide fu condotta a Roma e segregata, sotto falso nome (Maria Rosa), a Palazzo Salviati. Poco tempo dopo, per fortuna, fu riconosciuta casualmente da due giovani sposi di Ghiaie, in viaggio a Roma e ospiti di quell’istituto, i quali avvisarono subito la famiglia. La sorella Vittoria, informata dell’accaduto, partì immediatamente per la capitale per cercare Adelaide, e malgrado la reticenza di alcune persone che tentarono di negare la presenza di Adelaide in quell’istituto, riuscì alla fine ad incontrare la sorella in quel palazzo.
(Fonti: Pro-memoria D.G.B.; testimonianza di Vittoria Roncalli.)

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MI SONO SEMPRE SENTITA PARTE DELLE SACRAMENTINE
Lettera di Adelaide a Madre Alipia
(Fonti: Documento del 24/07/1986 reso pubblico da Madre Alipia.)
(Vede lettera originale in allegato)
S.L.G.C.

Sempre Carissima Madre Alipia,
Con grande vero piacere ho ricevuto la sua letterina e mi è dispiaciuto di non averla vista prima di portare le mie bimbe in montagna, ma le prometto che appena torno a Milano verrò a farle visita.
Non ho mai dimenticato il periodo trascorso nel nostro istituto (mi permetto di chiamarlo così) perché io mi sono sempre sentita parte delle Sacramentine anche se le molteplici vicissitudini mi hanno tenuta lontana. Non ho mai cessato di amare la Congregazione.
Quando ricordo il passato, un accavallarsi di episodi mi confondono persino gli avvenimenti del periodo del postulandato e del noviziato, forse allora non conoscevo nemmeno bene ciò che mi succedeva attorno, perché voi, con tanto amore materno cercavate di nascondermi il più possibile per farmi meno soffrire.
Mi piacerebbe avere una piccola cronaca in proposito, proprio per conoscere e rivivere a distanza quel periodo che ho sempre giudicato il migliore della mia vita, dopo le Apparizioni.
Ricordo con tanto affetto Madre Albina… Sr Luisa… e devo proprio dire, che il Vostra orante ricordo l’ho sempre sentito vicino.
Unite nella preghiera ed un presto arrivederci con immutato affetto.
Adelaide
24/07/1986

Fonte: Archivio privato

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Allegato   Visualizza l'allegato   Data inserimento:  20/03/2007