Autore:  G. Purcaro Data documento:  27/10/2009
Titolo:  "Frugare spassionatamente dietro quelle spensieratezza"

 “FRUGARE SPASSIONATAMENTE DIETRO QUELLA SPENSIERATEZZA”

PREGHIERA, CARITA’, PENITENZA: BERGAMASCHI, OSSERVATE I MONITI DI MARIA”

Giugno – luglio 1944: l’equilibrismo della curia sulla “fatima d’italia” attraverso le pagine del suo quotidiano.

BERGAMO – Un lungo editoriale in Prima, il 2 giugno, ad apparizioni concluse, dal titolo “Dopo i fatti di Ghiaie”; un corsivo velenoso verso un giornale fascista (“L’Ordine di Como”) in cui, tra l’altro, apprendiamo che la Madonna “avrebbe parlato in dialetto”; una nota ufficiale (il 14 giugno), in cui la Curia smentisce le voci di nuove apparizioni date per il 13 giugno; un altro arcigno comunicato (il 12 giugno) dal titolo eloquente “La Rosa e il verme”, in cui si mettono in allerta i fedeli da speculatori e truffatori (pare che proliferassero i venditori di foto); un comunicato “rivelatore” del vescovo Bernareggi, (Comunicato del vescovo sui fatti di Ghiaie, il 30 giugno), in cui l’ordinario invita, tra le altre cose, i fedeli a segnalare alla commissione medica istituita in Curia eventuali guarigioni non ordinarie. E il 7 luglio, in prima pagina, di spalla, un forte editoriale di Bernareggi (“Invito alla diocesi”) in cui il vescovo senza mai citare la parola Ghiaie e “apparizioni”. dice e non dice, si muove su una fune da trapezista, salvo poi dire ai bergamaschi che “ci sono dei moniti di Maria a cui, specie la nostra Diocesi, deve attenersi”.
Che la posizione della autorità ecclesiastica nelle primissimi mesi dopo i fatti di Ghiaie sia stata quanto mai ondivaga lo si evince chiaramente dai “pezzi” sopra riportati. Non scontentare nessuno (fedeli compresi), non dare segnali né di “aperture” (malviste dai repubblichini e dai tedeschi), né di “chiusure” (“i moniti della Madonna vanno rispettati”, dice Bernareggi quasi che, in cuor suo, nonostante il lavorio ai fianchi iniziato dai curiali vicini al Cortesi, non volesse deludere la Bella Signora che sarebbe apparsa alla veggente). Significativo, a proposito, il pezzo di cronaca sulla processione del Corpus Domini durante la quale il vescovo invitò i fedeli a preghiera, carità e penitenza (quasi le stesse parole riferite dalla Roncalli nel corso delle apparizioni). Ma il lavorìo di indagine (che oggi alla luce delle recenti ricerche dello scrittore Giuseppe Arnaboldi Riva, iniziamo a conoscere più nel dettaglio, vedi www.alispezzate.it), sulla veggente era già iniziato. Nell’editoriale della Curia del 2 giugno (Dopo i fatti di Ghiaie di Bonate”), si leggono queste ambigue parole: “frugare spassionatamente, da chi di dovere, e con lunghi espedienti, dietro a quella spensierata e dolce innocenza (si riferisce alla bambina nda), per cercare ogni eventuale indizio di malizia”. Per poi però aggiungere, più avanti, che “ci vuole rispetto per la bambina” (sic).
Anche il clero va tenuto sotto controllo tanto che, nello stesso editoriale, si invitano di nuovo religiosi e religiosi a stare lontani da Ghiaie e se qualche veste talare si era notata, costoro erano sacerdoti di altre Diocesi (sic). Significativo anche il comunicato del 14 giugno: tra i fedeli si erano forse rincorse probabilmente voci di una nuova apparizione il giorno 13 giugno (anniversario della prima), che avevano potuto creare allarme tra i curiali e nervosismo tra repubblichini e Tedeschi, tanto da spingere la Curia a smentire quelle voci. Sempre da questo comunicato sappiamo dell’esistenza di un copioso commercio di speculatori e truffatori (anche fattucchiere), che giravano per Ghiaie a raccogliere soldi e dell’esistenza di un “Comitato” che avrebbe avuto il compito di raccogliere fondi. Una messa in guardia contro gli speculatori dai toni ancor più forti nel corsivo “La Rosa e il verme”, in cui apprendiamo che c’era chi vendeva foto rubate della bambina a mo’ di santini.
L’ondata montante delle guarigioni che si susseguivano tra i devoti stava divenendo evidentemente così forte da spingere il vescovo (vedi comunicato del 30 giugno), a invitare i fedeli a segnalare tali guarigioni alla commissione medica. Rivelatore un passaggio in cui si parla di “guarigioni avvenute invocando la Madonna che là sarebbe apparsa”: un concetto che 4 anni dopo, ritroveremo nella seconda parte del decreto del “non constat” del 30 aprile del 1948.
Ma la Curia avverte la necessità di riportare “raziocinio” tra chi invoca il miracolo e il miracolismo, specie tra i fedeli semplici e non di cultura: ed ecco che nella rubrica della posta dei lettori, su un numero di luglio, la redazione spiega a un lettore che chiedeva lumi, di mettersi in guardia sui miracoli, discettando, con un rigoroso e preciso nozionismo, su “certezza psicologica e certezza scientifica”, su “forze occulte e suggestioni”. La risposta è anonima. Ma lo stile letterario di chi ha vergato quella risposta, per chi conosce la storia di Ghiaie, parrebbe inconfondibile…
Giuseppe Purcaro

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Allegato   Data inserimento:  12/11/2009